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Il ritratto

Le cause storiche e culturali dell'innovazione, il Nobel a Mokyr

Giovanni Federico

Lo storico dell'economia non usa solo modelli matematici astratti e distanti dalla realtà. La sua conoscenza della storia e la sua apertura interdisciplinare gli hanno permesso di suggerire un quadro generale per comprendere il progresso tecnico

L’Accademia delle Scienze svedese si è evidentemente pentita di aver ignorato per quasi trent’anni la storia economica. Ha assegnato il Nobel per l’economia nel 2023 a Claudia Goldin per i suoi studi sul ruolo economico delle donne nel passato, nel 2024 ad Acemoglu, Johnson e Robinson per lo studio della formazione delle istituzioni nella storia e del loro impatto sulla prosperità presente. Quest’anno è il turno di Joel Mokyr, per “aver identificato i prerequisiti per la crescita continua grazie al progresso tecnico”, insieme a Philippe Aghion e Peter Howitt “per la teoria della crescita sostenuta attraverso la distruzione creatrice”. 

 

Due libri hanno segnato il percorso di Mokyr verso il Nobel. Il primo, The Lever of Riches (1990), è una storia del progresso tecnico e del suo contributo alla crescita economica. Gli economisti erano ben consci dell’importanza del progresso tecnico, ma si limitavano alla modellizzazione teorica. Gli storici della tecnica avevano raccolto una grande quantità di informazioni su singole innovazioni e sui loro autori, ma senza inserirle in una visione generale. Mokyr ha unito queste due letterature, insistendo su due punti: in primo luogo, l’importanza dei miglioramenti successivi alle grandi invenzioni (“micro-invenzioni”) e, in secondo luogo, l’importanza del contesto sociale e istituzionale. Nel secondo libro, The Gifts of Athena (2002, tradotto in italiano dal Mulino nel 2004), ha descritto in maniera più precisa il processo di innovazione sulla base di una distinzione fra conoscenza (l’insieme delle informazioni sulla natura) e tecnologia (l’applicazione delle conoscenze a un determinato problema pratico). Tutte le invenzioni si basano su una qualche teoria della natura – non necessariamente corretta. Tanto più ampie (e corrette) sono le conoscenze, tanto più produttivo è il processo di innovazione. Un’idea brillante basata esclusivamente sull’esperienza pratica può portare a un’innovazione utile, ma con molte probabilità di rimanere isolata. Un’idea brillante fondata su una solida base scientifica può invece stimolare altre invenzioni, e il flusso di innovazioni può produrre una crescita continua. 

 

Ovviamente, si tratta solo di una possibilità. Mokyr discute a lungo le cause economiche e culturali della resistenza all’innovazione. D’altra parte, i successi del progresso tecnico stimolano la produzione di nuova conoscenza, in un circolo virtuoso che negli ultimi secoli ha prodotto un enorme incremento del benessere a livello mondiale. Mokyr ha usato il suo quadro concettuale per affrontare il tema più importante della storia economica: le cause dell’accelerazione del progresso tecnico in Inghilterra dalla seconda metà del XVIII secolo (The Enlightened Economy, 2009). Mokyr sostiene che la Rivoluzione industriale fu resa possibile non tanto da specifici progressi della scienza quanto dalla diffusione del metodo scientifico – dalla consapevolezza della possibilità di produrre innovazioni che risolvessero problemi pratici mediante una serie di esperimenti controllati. La macchina a vapore, l’invenzione decisiva della Rivoluzione industriale, fu un’applicazione delle conoscenze fisiche sul vapore definite da Papin alla fine del XVII secolo a due problemi pratici: prima come prosciugare le miniere di carbone (Newcomen, 1710) e poi come usare quell’energia per azionare macchine (Watt, 1776). In lavori più recenti, Mokyr ha aggiunto un ulteriore elemento per spiegare il successo inglese: la produzione di orologi aveva addestrato un numero considerevole di lavoratori esperti nella lavorazione del ferro e nella produzione di ingranaggi. La loro collaborazione fu essenziale per tradurre le idee degli inventori in macchine funzionanti.



 

Da questa breve descrizione appare evidente che Mokyr non corrisponde affatto allo stereotipo dell’economista che usa solo modelli matematici astratti e distanti dalla realtà. Al contrario, la sua profonda conoscenza della storia e la sua apertura interdisciplinare gli hanno permesso di suggerire un quadro generale per comprendere il progresso tecnico nella storia e nel presente.


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