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Incubo Stellantis: produzione in discesa libera e tante promesse

Davide Mattone

Enorme calo della produzione in Italia: -31,5 per cento a settembre rispetto al 2024. Uliano (Fim-Cisl): “Paura per la possibilità di chiusure”. Giorda (Anfia) e Calenda (Azione): “È emergenza”. Cosa non sta andando negli stabilimenti italiani

 I dati Fim-Cisl sulla produzione Stellantis in Italia sono allarmanti: la produzione è crollata del 31,5 per cento nei primi nove mesi del 2025, pari a 265.490 unità tra autovetture e veicoli commerciali. Per contestualizzare, nello stesso periodo del 2023 la produzione era stata di 567.525 unità, mentre nel 2024 di 387.600.

“Nel 2023 la leva annuale era di 750 mila unità – dice al Foglio il segretario generale Fim-Cisl, Ferdinando Uliano –. Avevamo discusso un piano industriale con Stellantis e il governo per raggiungere l’obiettivo del milione. Invece la situazione è costantemente peggiorata. Poi lo scontro con l’ex ad Carlos Tavares. Prevedeva di anticipare già entro il 2030 l’adozione di equipaggiamenti completamente full electric, ma il mercato non si muoveva in quella direzione”. Gianmarco Giorda, direttore dell’Anfia (associazione della filiera automobilistica), aggiunge: “Solo il 15 per cento delle immatricolazioni totali riguarda veicoli elettrici. Non si sta avverando ciò che il legislatore europeo si augurava”.

Per Carlo Calenda, segretario di Azione, “occorre riconoscere l’automotive come settore energivoro e ripristinare Industria 4.0. Serve inoltre annullare le sanzioni e fermare il phase-out dei motori endotermici” previsto dalle norme Ue del Green Deal. Giorda sottolinea uno studio sulla competitività italiana: “Il costo dell’energia è più alto che in Francia e Spagna, e anche il costo del lavoro è meno flessibile: siamo ulteriormente penalizzati oltre al paragone con Cina e Usa. In Spagna Stellantis produce più di 2 milioni di unità all’anno”. Il problema energetico pesa, ma non sembra modificare la direzione degli investimenti. Un esempio è la gigafactory di Termoli:La situazione è drammatica – dice Uliano – la fabbrica produceva motori, doveva essere trasformata in un impianto di produzione per batterie. Ciò è sospeso indefinitamente”. Giorda anche è negativo: “Penso che il progetto sia tramontato, anche se non c’è stata una nota ufficiale”.

Davanti a questo netto svantaggio competitivo, Uliano appare però positivo quando conferma le promesse di Stellantis: “Dal 2028 sarà installata a Pomigliano una piattaforma per la produzione di due nuovi modelli compatti a largo consumo. L’Italia non era stata destinazione di questo tipo di piattaforme, piuttosto le aveva avute la Polonia”. E questa potrebbe essere la leva per riportare in Italia modelli di massa, dove ormai viene prodotta solo la vecchia Panda. Poi continua: “Per ora abbiamo ottenuto la produzione della 500 ibrida, che inizierà a novembre”. Entro il primo trimestre del nuovo anno il nuovo ad Stellantis, Antonio Filosa, presenterà un piano strategico per l’azienda. “Speriamo che le promesse che ci hanno fatto siano mantenute” sottolinea Giorda. Calenda però attacca: “I modelli promessi non arriveranno. Stellantis sta silenziosamente chiudendo gli stabilimenti in Italia con la connivenza della sinistra. L’accordo fatto con il governo prevede incentivi all’esodo, e dalla nascita Stellantis ha perso 9 mila dipendenti. La situazione è emergenziale, ma finchè la Cisl non si emanciperà dal governo e Landini da Repubblica (ndr, Repubblica è della stessa proprietà di Stellantis), non ci saranno vere mobilitazioni”.

Il segretaro Fim-Cisl e il direttore Anfia sono d’accordo sulla necessità che “l’Europa riveda gli obiettivi 2035, perché gli incentivi ai consumatori e alla produzione non sono andate di pari passo alle sanzioni sulle emissioni Co2”. Per Giorda è essenziale “assicurarsi l’esistenza di più tecnologie per decarbonizzare dopo il 2035, così da dare ai consumatori più opzioni: non solo elettrico, ma anche plug-in hybrid oppure carburanti sintetici”. Cruciale è il rinnovamento del parco auto circolante. Calenda specifica: “Serve implementare un piano legato al taglio delle emissioni, aprendo a tutte le tecnologie, dall’elettrico e dall’ibrido fino ai motori a benzina e diesel”.

Poi rimane il problema della componentistica, importata a basso costo dall’estero: “Anfia sta portando avanti una proposta: prevedere che le auto vendute  prodotte con incentivi pubblici abbiano un contenuto di componenti locali di almeno il 70 o 75 per cento, così da favorire la produzione della produzione europea” dice Giorda. Uliano aggiunge: “Al governo abbiamo chiesto di intervenire sulla filiera della componentistica. Il Mimit ha fatto una grande presentazione, senza però implementare alcun piano”.

L’obiettivo condiviso è tenere aperti gli impianti e riprendere la produzione di modelli di massa. La distanza resta però sulla credibilità delle promesse di Stellantis, e su quanto questa vorrà puntare sull’Italia.
 

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