
Ansa
governo e imprese
Aumentano i malumori in Confindustria in vista della manovra “pre elettorale”
Orsini vuole evitare di bissare la Via Crucis di un anno fa. Ovvero una trattativa condotta al riparo dei media che aveva visto da parte del governo tagliare Ace e Fondo Auto per dare in cambio un’Ires premiale rivelatasi anemica
Ancora una volta il nord-est si è rivelato un buon termometro degli umori della base industriale e dello stato dei rapporti tra Confindustria e governo. E’ accaduto all’assemblea congiunta degli industriali di Verona e Vicenza tenutasi sabato scorso a Gambellara con 2 mila presenti: era atteso il ministro Giancarlo Giorgetti perché gli imprenditori presenti volevano sentirsi ripetere de visu la linea rigorista imbracciata dall’esecutivo e l’intrepida esortazione ad aumentare i salari. All’ultimo minuto però Giorgetti è saltato e come ha raccontato il Corriere del Veneto “la frustrazione è stata palpabile”, la scaletta è stata rivista e sul podio al posto del responsabile del Mef è salito quello del Mimit, Adolfo Urso.
La staffetta però non è stata apprezzata, vuoi perché i cordoni della manovra sono in mano a Giorgetti e perché Urso ha imbastito un comizio pro-governo che ha sortito l’effetto opposto. Risultato: la presidente di Confindustria Vicenza, Barbara Beltrame, ha avvertito Roma che “la fiducia dei veneti si deve riguadagnare e non viene regalata”. E il presidente nazionale Emanuele Orsini ha trovato il coraggio per prendere di petto Giorgetti e trasferire ai suoi un messaggio inequivocabile: “Non ci serve un ministro da copertina”. Ma che sta accadendo dunque? La Confindustria che finora ha tenuto un posizionamento di sostanziale collateralismo con il gabinetto Meloni si rivolta? La risposta è che siamo in “zona manovra” e prima di valutare i comportamenti del titolare del Mef la Confindustria vuole evitare di bissare la Via Crucis di un anno fa. Ovvero una trattativa condotta al riparo dei media che aveva visto da parte del governo tagliare Ace e Fondo Auto per dare in cambio un’Ires premiale rivelatasi anemica. Orsini sa che il rischio del bis c’è tutto. E che stavolta il pericolo è di pagare un prezzo all’interno, tra la base, perché non ci sarà un clima di rivolta tra gli imprenditori ma le preoccupazioni sulla mancata crescita, sui consumi fermi e sui primi dati dei dazi trumpiani possono sommarsi e incrinare l’immagine del presidente.
Anche Giorgia Meloni lo sa e per questo motivo il Mimit è stato incaricato di predisporre una nuova legge di incentivo che non sappiamo come sarà chiamata (Transizione 6.0?) ma che dovrebbe ovviare agli errori di Transizione 5.0, allargare la platea dei beneficiari agli energivori, semplificare le procedure ed erogare all’incirca 3,5 miliardi. Da discutere ancora se lo strumento prescelto sarà il credito d’imposta o l’iper-ammortamento però i giochi sembrano fatti e nessuno, in Confindustria ma nemmeno tra le opposizioni, si metterà contro. E’ sufficiente però un provvedimento riparatorio di questo tipo a sciogliere la tensione di Gambellara? Per ora sembra di no. Gli industriali sono preoccupati dei saldi della manovra (16 miliardi) perché con una cifra giudicata così bassa “ci sarà un braccio di ferro con tante braccia”. La battuta indica il rischio di una manovra a coriandoli che dia un po’ di risorse a troppi soggetti obbedendo a una logica già pre-elettorale e che finisca per premiare tante piccole constituency. In Confindustria sanno che la scelta di favorire il ceto medio operando sulle aliquote dell’Irpef non si tocca e comunque costa – si dice – 5 miliardi. Ma poi ci sono tanti provvedimenti-bandierina che se non vengono promossi dal governo trovano comunque sponsor attenti nei tre partiti della maggioranza (caso tipico: la rottamazione delle cartelle richiesta dalla Lega, che comunque fino a prova contraria è il partito di Giorgetti).
Orsini a Gambellara l’ha ripetuto: si aspetta un piano triennale per l’industria di 8 miliardi per ciascun anno e in base a questa richiesta valuterà la manovra. I nostri partner europei sostengono le loro manifatture, solo l’Italia sembra poco interessata alla crescita. Eppure il presidente ricorda che solo la produzione ha un valore sistemico e serve anche a tenere in piedi un welfare che zoppica. Gli 8 miliardi dovrebbero servire nelle attese di Confindustria a coprire alcuni provvedimenti, una misura di incentivo all’innovazione (la Transizione 6.0 di cui parlavamo) adeguatamente finanziata, la “riparazione” dell’Ires premiale e una nuova Zes per dare al modo al sud di esprimere le sue potenzialità. Riuscirà Orsini a portare a casa questo risultato minimo o come l’anno scorso la leadership confindustriale si consumerà in una estenuante e poco trasparente trattativa? E’ presto per dirlo ma ai più attenti commentatori non è sfuggito che a Gambellara lo stesso Orsini se la sia presa con Giorgetti ma non abbia mai nominato Giorgia Meloni. E’ con lei che sa alla fine di dover fare i conti ed è con lei che spera di far pesare la lealtà filo-governativa finora dimostrata da Viale dell’Astronomia.