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I Dazi

Blitz di Trump sui farmaci. L'Ue non si fa trovare impreparata

Davide Mattone

Trump annuncia dazi al 100 per cento sui farmaci importati per "sicurezza nazionale", ma l'Ue si salva con un tetto al 15 per cento grazie all'accordo estivo. Tra esenzioni, nodi irrisolti su acciaio e auto, e tensioni Bruxelles naviga in acque agitate con Washington.

E così il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha gettato ulteriore benzina sul fuoco della guerra commerciale. Fuoco mai affievolito, sia chiaro. Eppure, l'ultima mossa – incastonata tra un discorso improvvisato all'Onu, le insistenze sulla Fed per un taglio dei tassi malgrado un'inflazione proiettata al 3 per cento nel 2026 e un mercato del lavoro in affanno – giunge quasi inaspettata.


Il 25 settembre Trump ha  annunciato nuovi dazi, in vigore dal 1 ottobre, per motivi di “sicurezza nazionale”. In un post su Truth Social ha promesso un dazio del 100 per cento su ogni farmaco di marca o brevettato importato negli Stati Uniti, a meno che l’azienda non stia costruendo l’impianto produttivo in America. La Sezione 232 del Trade Expansion Act, consente, infatti al presidente di imporre tariffe quando ritiene che le importazioni minaccino la sicurezza nazionale. Ora, però, resta da valutare l'impatto reale sull'Unione Europea. Secondo il vicepremier irlandese, Tánaiste Simon Harris, l’effetto dell’annuncio andrà valutato attentamente. Ha poi ricordato che “Il Joint Statement ufficiale Ue-Usa, del 21 agosto, ha chiarito che eventuali nuovi dazi emanati secondo la Section 232 saranno limitati al 15 per cento per i prodotti farmaceutici esportati dall’Ur”. L’Irlanda è tra i Paesi europei più esposti nell’export farmaceutico. A fare chiarezza sull'impatto per l'Ue ci ha pensato Olof Gill, vice portavoce della Commissione europea per il Dg Commercio: 'Gli Stati Uniti ci hanno già anticipato che rispetteranno l'impegno: l'aliquota su farmaci, semiconduttori e legname di origine Ue non andrà oltre il 15 per cento. Siamo gli unici a aver strappato questo risultato”.


L’accordo chiuso a fine luglio 2025 tra la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, e Donald Trump prevede un dazio del 15 per cento per la maggior parte delle esportazioni europee dirette negli Stati Uniti. In cambio, Washington concede alcune esenzioni a dazio zero per settori strategici, mentre Bruxelles si impegna ad acquistare grandi quantità di riserve energetiche statunitensi. L'intesa è un equilibrio precario: da un lato, l'Ue si impegna a investire oltre 250 miliardi di dollari all'anno in Lng (come il metano), petrolio e combustibili nucleari statunitensi, arrivando a un totale di circa 700 miliardi entro la fine del mandato di Trump; dall'altro, in un contesto di squilibrio commerciale dove l'Europa vanta un surplus. L’attuazione dell’accordo Ue-Usa è di fatto appena iniziata. Il 25 settembre gli Stati Uniti hanno ridotto i dazi sulle auto europee dal 27,5 al 15 per cento, con effetto retroattivo dal 1 agosto. Una vittoria importante soprattutto per Berlino e per l’industria automobilistica tedesca.


I nodi per gli esportatori europei restano però numerosi. Rimane aperto il dossier su acciaio e alluminio, su cui gli Stati Uniti applicano dazi del 50 per cento e che, secondo il commissario europeo al Commercio, Maroš Šefčovič, è tra le priorità. Un’altra urgenza riguarda vini e alcolici: Francia, Italia e Spagna spingono per un alleggerimento, tema che Bruxelles ha messo in cima all’agenda. In parallelo l’Ue punta ad ampliare la lista dei prodotti a dazio zero, come già ottenuto per aeromobili e semiconduttori.


È chiaro che, se i dazi al 100 per cento sui farmaceutici venissero davvero applicati — oppure se Trump imponesse un 15 per cento generalizzato e, al contempo, un 50 per cento sulle componenti in acciaio e alluminio all’interno dei beni prodotti nell’Uele conseguenze sarebbero rilevanti. In audizione nei giorni scorsi alla commissione Inta (Commercio) del Parlamento europeo, Sabine Weyand, direttrice del direttorato Commercio della Commissione, ha ricordato che Bruxelles aveva proposto l’azzeramento reciproco dei dazi sui beni industriali, proposta respinta da Washington. Weyand ha inoltre criticato l’estensione statunitense dei dazi al 50 per cento su acciaio e alluminio alle componenti di numerosi prodotti — dai seggiolini per bambini alle gru mobili — definendola contraria allo spirito dell’intesa siglata in estate. 

Sarebbe, in sostanza, la riaffermazione — con l’amministrazione Trump — del passaggio da un “rule of law”, ordine che si pretendeva basato sulle regole, a uno fondato sulla legge del più forte.



 

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