
Ansa
Bilanci
Sguardo oltre lo spread, e a lungo termine, sui casi italiano e francese
La convergenza dei tassi d’interesse dei due paesi insegna che qualsiasi aggiustamento rimane fragile se non si basa su un’azione duratura, sia dal lato delle finanze pubbliche sia dal lato della crescita economica
La convergenza degli spread italiano e francese rispetto ai tassi d’interesse tedeschi registrata negli ultimi giorni sui mercati finanziari ha destato reazioni contrastanti. Soddisfazione dal lato italiano, per non essere più soli in coda nella classifica dei paesi con il debito pubblico più rischioso, anche se superati oramai da tempo dalla Grecia, dalla Spagna e dal Portogallo. Preoccupazione invece dal lato francese, per il fatto di trovarsi in una situazione senza precedenti e con vie di uscita non facili da individuare. Ma un’analisi attenta dei dati dovrebbe spingere a valutazioni più razionali. Innanzitutto, la convergenza tra Italia e Francia è avvenuta per effetto di una diversa evoluzione dei mercati. Nel caso italiano la riduzione dello spread è principalmente il risultato di un aumento del tasso a lungo termine tedesco registrato nell’ultimo anno in seguito al piano di rilancio varato dal governo federale, che dovrebbe fare aumentare il debito pubblico di oltre 10 punti rispetto al Prodotto lordo nei prossimi 5 anni, dal 64 per cento al 75 per cento nel 2030.
Nel caso francese, l’aumento dello spread è invece la conseguenza di un marcato aumento dei tassi d’interesse sul proprio debito, ancor più accentuato rispetto a quello tedesco. In ogni caso è importante ricordare che ciò che conta ai fini della valutazione della sostenibilità del debito pubblico non è tanto lo spread – ossia il differenziale del tasso d’interesse nei confronti della Germania – quanto il livello degli interessi pagati sui propri titoli di stato. Guardando a un periodo un po’ più lungo, ad esempio gli ultimi tre anni, il tasso d’interesse sui titoli di stato italiani è attualmente tornato sul livello della metà del 2022, alla fine della precedente legislatura. Quello francese è invece aumentato di 150 punti. In sintesi, se il premio di rischio del debito pubblico francese è notevolmente aumentato nel corso nel corso dell’ultimo anno, il rischio di quello italiano, pur ridottosi di recente, rimane elevato, quanto quello francese.
Un’altra differenza tra i due paesi riguarda i fattori sottostanti all’evoluzione dei rispettivi tassi d’interesse. La sostenibilità del debito dipende da tre variabili fondamentali: il livello dei tassi d’interesse, la crescita economica – inclusa l’inflazione – e il saldo di bilancio al netto degli interessi pagati sul debito. Se la prima variabile, ossia il livello di tassi d’interesse pagati sul debito è oramai uguale nei due paesi, intorno al 3,5 per cento, le altre due hanno invece registrato un andamento diverso. La crescita economica francese è stata in passato sistematicamente superiore a quella italiana. Per i prossimi cinque anni il Fondo monetario internazionale stima una crescita media dell’economia francese poco sopra l’1 per cento all’anno, contro lo 0,6 per cento per l’Italia. Al contrario, il saldo di bilancio italiano al netto degli interessi è migliore di quello francese. Sempre secondo il Fmi, nel 2025 l’Italia dovrebbe registrare un surplus primario pari allo 0,6 per cento del prodotto lordo, mentre la Francia registrerà un deficit, pari al 3,5 per cento del pil.
Se si vuole semplificare al massimo il confronto, il rischio del debito italiano è legato principalmente a fattori economici, quello francese a fattori politici. Ciò spiega la fragilità di entrambe le situazioni. Senza una crescita economica strutturalmente sostenuta e una coesione politica per portare avanti nel tempo il risanamento del bilancio, la sostenibilità del debito rimane a rischio. Questa valutazione è confermata dal “sorpasso” effettuato negli anni passati dalla Grecia, dalla Spagna e dal Portogallo (per non parlare di Cipro e di Irlanda) – paesi che solo qualche anno fa avevano dovuto chiedere l’aiuto alle istituzioni europee per uscire dalle loro difficoltà – rispetto all’Italia e alla Francia. Questi paesi hanno adottato negli ultimi anni non solo misure di risanamento delle proprie finanze pubbliche, ma anche azioni strutturali per aumentare il potenziale di crescita delle loro economie. La riduzione del rischio sui loro debiti rispettivi è il risultato di una duplice azione, portata avanti in parallelo.
Ciò rappresenta un importante insegnamento per Italia e Francia. Dal lato italiano, senza riforme incisive che possono far crescere in modo strutturale l’economia italiana oltre il ritmo flebile degli ultimi anni, l’onere dell’aggiustamento è destinato a ricadere sempre più sulle misure fiscali, il che è difficile senza una forte coesione politica. Dal lato francese, senza una azione politica decisa per ridurre la spesa pubblica, che ha raggiunto il livello più elevato nell’Unione europea, la perdita di fiducia degli investitori rischia di indebolire la crescita economica e rendere ancor più difficile l’aggiustamento. La convergenza dei tassi d’interesse italiani e francesi insegna che qualsiasi aggiustamento rimane fragile se non si basa su un’azione duratura, sia dal lato delle finanze pubbliche sia dal lato della crescita economica.