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editoriali

Studiare a Milano non è un furto

Redazione

Un’indagine di mercato sul costo-stanza smentisce la retorica speculativa

A voler fare una battuta cattiva, si potrebbe consigliare ai “giovani” del Leonka disperati per lo sgombero di provare a cercare sistemazione nelle stanze e negli studentati di Milano: i posti sono in aumento (diminuzione della domanda del 13 per cento e aumento dell’offerta dell’8 per cento) e i prezzi sono alti sì, per forza, ma non così fuori parametro rispetto ad altre città universitarie italiane, e anzi più bassi rispetto a quelle europee di pari rango. Battute a parte, un’inchiesta di mercato di Immobiliare.it ripresa dal Corriere Economia dimostra che, se le cose per gli studenti milanesi non sono ovviamente semplici, la situazione non è tragicamente fuori controllo come potrebbe sembrare a dar retta alle campagne mediatiche e a certe inchieste forzose sulla “urbanistica democratica”.

Nel capoluogo lombardo, sotto pressione perché con le sue sette università ha una attrattività per studenti italiani e stranieri molto alta, la richiesta media per una stanza è di 730 euro mensili. A Bologna il costo medio è 630, al terzo posto c’è Firenze con 606 euro. Città in cui è tradizionalmente è però inferiore la pressione studentesca. Viene poi spiegato che i prezzi superano i 500 euro anche a Trento, Brescia o Modena, ottime città universitarie non paragonabili però come offerta di vita (e futuro lavoro) a Milano. Insomma, a fare la differenza è l’attrattività, non (solo) la speculazione. Lo studio fornisce dati anche su varie città europee: Amsterdam 969 euro, l’Aia 850, Monaco di Baviera 820. Parigi ha un costo medio di 750 euro, simile a quello di Milano, “ma che presumibilmente si riferisce alle banlieue”, decisamente meno appetibili per modello di vita dei comuni dell’area metropolitana di Milano, spesso ben collegati al capoluogo. E’ necessario fare molto di più per le residenze studentesche (è ad esempio vero che gli atenei milanesi iniziano a subire un’erosione di iscritti proprio per i costi). Ma serve un’idea complessiva dei valori di mercato, e serve abbandonare una retorica populista spesso alimentata solo per finalità politiche. 

 

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