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L'intervento

"L'accordo sui dazi? Scelto il male minore”. Parla Boscaini (Confindustria Veneto)

Francesco Gottardi

“Una guerra commerciale sarebbe stata insostenibile per chiunque”, dice il presidente dei confindustriali veneti e produttore vinicolo. “L’agroalimentare soffrirà le tariffe più di tutti, ma lavoreremo insieme per ottenere esenzioni”

Contenti no. “Ma almeno sappiamo di che dazi morire”, la sintesi da Confindustria Veneto. “E in macroeconomia, ridurre l’incertezza è il modo migliore per riattivare i mercati: che ora si organizzeranno, sceglieranno quale strategia intraprendere in base a questo 15 per cento”. La quota dell’intesa definitiva tra Ursula e The Donald, tra l’Unione europea e gli Stati Uniti. Anche se non riguarderà tutti allo stesso modo. Oltre a essere presidente dell’organizzazione regionale, Raffaele Boscaini rappresenta il settore vinicolo e agroalimentare: il più colpito dai dazi. “E su questo l’accordo avrà dei margini di miglioramento: l’ha ribadito anche l’alto rappresentante dell’Ue per gli affari esteri. Vediamo come si potrà intavolare la trattativa, non è semplice individuare il percorso più efficace. Forse però sui vini potremo strappare perfino l’esenzione”. Ci scapperebbe un bel brindisi.

Il giorno dopo la notizia, si pensa già al piano d’azione. “Ciascuna impresa interpreta queste nuove direttive a modo suo”, spiega Boscaini al Foglio. “Ma in sintesi, si profilano due strategie possibili: suddividere questo 15 per cento fra produttore, distributore e consumatore finale”, dunque ‘spalmando’ l’onere finanziario aggiuntivo fra tutte le parti in causa, per attutirne le conseguenze. “Oppure – opzione meno comune – scegliere di assorbire i dazi interamente attraverso la filiera: in questo modo non si aumenta il prezzo di vendita, ma si restringono le marginalità del produttore. Un ulteriore problema, in aggiunta al quadro generale, è poi avere a che fare con un dollaro così basso. Da oggi c’è meno incertezza ma persiste la preoccupazione. Vediamo come reagiscono i mercati”.

C’è modo di fare sistema, all’interno del tessuto imprenditoriale? “Difficile ragionare per comparto. Ognuno ha i suoi canali distributivi, i suoi approcci aziendali. Anche nell’agroalimentare esistono situazioni molto diverse: chi produce valore aggiunto più alto – per esempio i vini di lusso – non subirà particolare impatto dai dazi; la merce da basso scaffale sarà invece la più penalizzata”. Necessaria precisazione: non sorridono i produttori italiani, ma ancora di meno i consumatori americani. “Che sono tanto legati al Made in Italy, un bene non sostituibile”, sottolinea il confindustriale. “Dunque ci saranno ripercussioni importanti. Sia Federvini che l’Unione italiana vini hanno fornito proiezioni significative: si stima quasi un miliardo di perdite rispetto alle vendite nel settore. Resto prudente, bisognerà osservare la realtà dei fatti. Ma la situazione inflattiva è pesante e il piano di Trump per spostare la catena produttiva in America implica dei contraccolpi altrettanto seri: la rilocalizzazione non avviene mica in due giorni”.

Anche se Washington canta vittoria. “Trump è riuscito nel suo intento: fare un po’ il cow boy e imporre questo braccio di ferro. Certamente l’accordo pende dalla sua parte, ma non coi numeri che il presidente americano avrebbe voluto”. E Bruxelles? Ha davvero limitato i danni? “Si potrebbero fare mille considerazioni”, ragiona Boscaini. “Io dico che comunque è stato un comportamento sensato: avviare una guerra commerciale su larga scala avrebbe fatto vittime dappertutto. Quindi non posso affermare che mi piaccia questo scenario. Ma alla luce di come va il mondo, poteva essere peggio. Molto peggio”.

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