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Editoriali
Una battaglia fiscale che l'Italia può guidare
La revisione del nuovo sistema di tassazione delle imprese è urgente. Due strade: sospendere l'entrata in vigore della nuova tassa e riscrivere il meccanismo per semplificare le procedure per le imprese che già pagano una soglia minima di imposte nel mondo
L’Italia dovrebbe farsi sentire in Europa. Non per chiedere sconti o trattamenti di favore, ma per guidare una revisione urgente e necessaria dell’applicazione delle nuove regole fiscali internazionali sulle grandi imprese europee. Le proposte avanzate da Assonime sono di buon senso. E il governo farebbe bene a farle proprie. Non si tratta di fare ostruzionismo, ma di impedire che una riforma nata per combattere l’elusione fiscale si trasformi in un freno agli investimenti strategici. L’idea di base è semplice: evitare che le multinazionali spostino i profitti nei paradisi fiscali. Per questo l’Unione europea ha introdotto la global minimum tax (GMT) una regola che impone un’aliquota minima effettiva al 15% in ogni giurisdizione fiscale. Ma l’applicazione concreta sta producendo un effetto perverso: colpire anche chi investe nei settori chiave per il futuro dell’Europa, come l’energia, l’innovazione digitale, l’intelligenza artificiale, la difesa, la produzione industriale.
Le attuali regole considerano “troppo bassi” i livelli di tassazione anche quando le riduzioni sono frutto di incentivi legittimi offerti dagli stati per attrarre investimenti. Paradosso: chi investe di più rischia di essere punito. Altri paesi, come gli Stati Uniti, non si pongono il problema. Hanno deciso di non applicare sulle loro imprese queste regole e uscire dagli accordi internazionali sulla GMT così come Cina e India. In Europa, invece, anche uno credito di imposta su un investimento in tecnologie verdi può portare a una sovrattassa. Assonime propone due vie d’uscita. La prima: sospendere l’entrata in vigore della nuova tassa, in attesa di una regola condivisa a livello globale. La seconda: riscrivere il meccanismo, permettendo agli Stati di escludere gli incentivi strategici dal calcolo della tassazione minima, e semplificando le procedure per le imprese che già pagano a livello consolidato una soglia minima di imposte nel mondo. Se l’Europa non vuole restare indietro nella competizione globale, ha bisogno di regole che favoriscano chi costruisce e investe, non che lo ostacolino.