(foto di Priscilla Du Preez su Unsplash)

l'intervento

Cosa vuol difendere l'artigianato e il vero Made in Italy nella moda

Moreno Vignolini

La moda italiana affronta una crisi di credibilità e competitività: per salvare il Made in Italy serve valorizzare artigiani e microimprese, garantire trasparenza, lavoro equo e sostenibilità lungo tutta la filiera

La moda italiana vive un momento cruciale, in cui le difficoltà economiche si sommano a una crisi di credibilità che minaccia di erodere il valore stesso del Made in Italy. Non si tratta solo di affrontare un ciclo negativo ma di riconoscere e risolvere un problema più profondo che riguarda la percezione e la fiducia nel nostro marchio d'eccellenza. La  sfida consiste nel ricostruire e consolidare questa credibilità, valorizzando il vero Made in Italy e i suoi protagonisti indiscussi: gli artigiani e le piccole imprese. L’Italia si distingue nel panorama globale per il suo ineguagliabile tessuto produttivo, l’unico al mondo ad avere filiere tessili complete, un comparto manifatturiero che dà lavoro a 456.000 persone. Di queste, quasi i due terzi sono impiegate in micro e piccole imprese, con ben 41.000 aziende artigiane che, da sole, rappresentano oltre la metà del totale. Questo è il nostro patrimonio, la nostra forza e la nostra identità, e va portato fuori da una crisi che sta distruggendo aziende, occupazione, competenze. La soluzione non può prescindere da una ridefinizione chiara e inequivocabile del Made in Italy. E’ indispensabile affermare che il vero Made in Italy è la produzione fatta al 100% in Italia. Si tratta di un principio fondamentale da riconoscere per tutelare il nostro sistema produttivo e i suoi valori. Per dare concretezza a questa visione, servono misure che garantiscano trasparenza, tracciabilità e un'adeguata remunerazione del lavoro. I recenti episodi che hanno coinvolto marchi prestigiosi della moda in casi di sfruttamento del lavoro e subappalti irregolari dimostrano l’esistenza di “distretti paralleli” inaccettabili, che minano la fiducia dei consumatori e danneggiano le imprese oneste. L’azienda capofiliera deve essere sensibile e attenta alla tracciabilità e alla trasparenza, scegliendo di conseguenza i propri fornitori. Inoltre, l’adeguata remunerazione del lavoro deve diventare un elemento distintivo del nostro brand, un valore aggiunto che certifichi l'alta qualità non solo del prodotto, ma anche del processo produttivo. Confartigianato Moda chiede un piano di efficientamento energetico nazionale, con un revamping degli impianti che segua lo stesso principio del piano Industria 4.0. L’accesso al credito per le piccole imprese è un incubo. Le  misure di sostegno premiano solo le grandi aziende con investimenti milionari. Confartigianato Moda ha sollecitato al Parlamento e al governo l'introduzione di micro-contratti a partire da 200.000 euro per rendere gli incentivi accessibili anche alle microimprese. Inoltre, proponiamo Contratti di responsabilità per le grandi aziende capofila, con l'obbligo di produrre almeno l’80% in Italia, per sostenere concretamente la nostra filiera. Il decreto Responsabilità Estesa del Produttore deve diventare un’opportunità, non un regalo alle multinazionali. Il sistema consortile deve coinvolgere tutti i soggetti della filiera, evitando che sia dominato da pochi  attori. E’ inaccettabile escludere i prodotti private label, una mossa che creerebbe una disparità di trattamento inaccettabile. Dobbiamo valorizzare la sostenibilità come elemento di valore aggiunto del Made in Italy, sostenendo la filiera e incentivando il riciclo e la lotta al fast-fashion.

presidente di Confartigianato Moda

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