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Editoriali

La nuova vita di Iveco è in India

Redazione

Tata Motors lancia un'operazione di mercato da 3,8 miliardi. Non è uno scandalo e non è stata annunciata nessuna delocalizzazione, ma è un altro pezzo di industria buttato via dall’Italia

Non è uno scandalo. La cessione di Iveco – con la parte militare acquisita da Leonardo per 1,7 miliardi e il resto del gruppo oggetto di un’operazione da 3,8 miliardi lanciata da Tata Motors – è innanzitutto un’operazione di mercato. Nessuna delocalizzazione annunciata, anzi: gli indiani promettono investimenti, sviluppo, stabilimenti italiani attivi e tecnologie valorizzate. Ma dietro ai numeri resta l’impressione di un copione già visto. La famiglia Elkann continua a vendere tutto ciò che può vendersi: Magneti Marelli è andata, Stellantis è in piena crisi (di modelli, di volumi, di identità), oggi è il turno di Iveco. E domani?

Un elemento, però, merita di essere salvato: il segmento militare resta italiano. Leonardo acquisisce Iveco Defence Vehicles e con essa la possibilità di rafforzare il proprio polo terrestre, integrando capacità industriali e tecnologie. E’ un segnale: se lo stato vuole, lo spazio per un’industria nazionale esiste. Purché ci sia volontà politica di considerare alcune realtà come strategiche e non come semplici caselle da monetizzare in Borsa. Eppure, la domanda resta: perché l’automotive civile in Italia non è più considerato strategico? Perché il messaggio che passa – anche con questa operazione – è che fare auto, camion, autobus nel nostro paese sia un mestiere del passato? L’industria dell’auto sembra diventata un affare da altri continenti, letteralmente, mentre da noi la filiera si è sfilacciata, le competenze disperse, gli investimenti frenati. Ci accontentiamo di difendere l’occupazione esistente, rinunciando a costruire un progetto industriale nuovo. Il governo rivendica l’attrattività dell’Italia per investimenti esteri di qualità, garantisce che seguirà l’operazione da vicino, che vigilerà, che tutelerà. Bene. Ma non basta. Senza una visione che rimetta l’automotive al centro – elettrico, batterie, innovazione – continueremo a raccontare addii più o meno ordinati. Non uno scandalo. Ma un altro pezzo d’industria buttato.

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