L'impegno sull'import di energia è il vero problema dell'accordo con Trump

Luciano Capone

L'obiettivo di 750 miliardi di importazioni energetiche è irrealistico e l'ambiguità su quanto sia vincolante consentirà agli Usa di rimettere in discussione il deal in un futuro prossimo

Una valutazione più completa dell’accordo sui dazi tra Unione Europea e Stati Uniti potrà essere fatta solo quando saranno noti tutti i dettagli, molti dei quali ora sono ignoti. Ma già nello schema di massima ci sono ambiguità su questioni importanti come l’energia.

Secondo la versione della Casa Bianca, “l’Ue acquisterà 750 miliardi di dollari in energia statunitense”. Questo aspetto nel comunicato di Ursula von der Leyen era più generico: “Aumenteremo la nostra cooperazione energetica. [...] Sostituiremo il gas e il petrolio russi con acquisti significativi di Gnl, petrolio e combustibili nucleari statunitensi”. Il riferimento monetario è apparso in un successivo comunicato della Commissione europea: “L’Ue intende acquistare gnl, petrolio e prodotti energetici nucleari dagli Stati Uniti, con un volume di acquisto stimato in 750 miliardi di dollari nei prossimi tre anni”. C’è una leggera diversità lessicale: “Acquisterà” dice Washington, “intende acquistare” dice Bruxelles. Ma non si tratta di una differenza di poco conto.

Il problema è che l’obiettivo sembra, secondo gli osservatori, completamente irrealistico. Secondo i dati Eurostat, nel 2024 l’Unione Europea ha importato 376 miliardi di euro di prodotti energetici. L’obiettivo dell’accordo con Trump è di 216 miliardi di euro l’anno (650 miliardi in tre anni, pari a 750 miliardi di dollari al cambio attuale). In termini assoluti significa triplicare le importazioni dagli Usa dello scorso anno pari a circa 70 miliardi di euro. In termini relativi vuol dire che l’Ue si è impegnata ad acquistare dagli Usa circa il 60% di tutte le importazioni di energia.

Non sarebbe sicuramente uno scenario auspicabile per l’Europa, dato che comporterebbe una dipendenza energetica ben superiore a quello che aveva dalla Russia prima dell’invasione dell’Ucraina. E per quanto gli Stati Uniti siano un alleato dell’Ue, di certo dopo Trump non sono più un partner affidabile come prima. L’impegno, in questo senso, è in completa contraddizione con l’obiettivo di autonomia strategica e di diversificazione delle fonti di approvvigionamento esplicitato da Von der Leyen.

Ma, oltre che non auspicabile, l’obiettivo appare irraggiungibile. Gli Stati Uniti sono già il secondo fornitore europeo di petrolio con una quota del 16% e il principale fornitore di gnl con il 45%. Salire ulteriormente è molto complicato. Dal lato europeo, perché gli acquisti li fanno gli operatori privati che sono a loro volta legati da contratti a lungo termine con molti altri fornitori. Dal lato americano perché, a loro volta, non c’è sufficiente offerta: nel 2024 l’export totale di energia degli Usa è stato di circa 330 miliardi di dollari e, pertanto, l’accordo prevede che l’Ue con 250 miliardi di import assorba tre quarti dell’export statunitense. È impossibile per gli Usa aumentare la produzione immediatamente, dato che servono grandi investimenti e tempi lunghi. Ed essendo anche i produttori americani legati ai clienti con contratti a lungo termine, non si possono neppure dirottare le forniture. Pertanto i 250 miliardi di dollari (o 216 miliardi di euro) annui sono un miraggio.

Fonti della Commissione europea sostengono che il target viene fuori da calcoli “realistici”, anche se non si tratta di un obiettivo vincolante perché non è l’Unione europea a comprare direttamente energia ma può “aggregare la domanda” e facilitare la risoluzione di problemi infrastrutturali. È chiaro che un incremento di acquisti di energia degli Stati Uniti è nell’interesse dell’Europa che si è data l’obiettivo di interrompere entro il 2027 le importazioni di energia dalla Russia. E, soprattutto per quanto riguarda il gas, gli Stati Uniti con il gnl sono l’unica alternativa attualmente possibile a Vladimir Putin. Pertanto è possibile che Von der Leyen abbia usato una necessità europea come una concessione nel negoziato con gli Stati Uniti, ben sapendo che l’obiettivo è irraggiungibile ma al solo scopo di soddisfare l’ego di Trump desideroso di sventolare in pubblico la capitolazione europea.

Ma a differenza del dazio massimo del 15%, che ha comunque dato un quadro di stabilità, l’ambiguità sull’obbligo o meno di acquisto di energia è un elemento che rischia di produrre incertezza. Perché in un domani non troppo lontano, Trump potrà usare il più che probabile mancato raggiungimento dei 250 miliardi dollari di importazioni annue di energia per dire che l’Europa non è fair. E rimettere così in discussione l’intero accordo sui dazi.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali