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ritratto di un marchio

Oltre Carrefour. La grande abbuffata di NewPrinces

Riccardo Carlino

Nato da una costola di Parmalat, il gruppo guidato da Angelo Mastrolia ha inglobato negli anni decine di aziende alimentari nazionali ed estere. Storia di un impero poco conosciuto

Carrefour italia è passata nelle mani del gruppo italiano NewPrinces. Le voci di un possibile abbandono dell’Italia da parte del colosso francese della grande distribuzione circolavano già dal 2019, per poi intensificarsi via via con gli anni e raggiungere il culmine con questa cessione del valore di 1 miliardo di euro. L'accordo consente al gruppo guidato dall'imprenditore salernitano Angelo Mastrolia di mettere in pancia tre società (Carrefour Property, Gs Spa e Carrefour Finance) e oltre mille punti vendita di Carrefour Italia. L'insegna francese rimarrà per tre anni, e poi verrà sostituita da “Gs”: storico marchio italiano acquisito da Carrefour nel 2000 e dismesso ufficialmente dieci anni dopo. Un ritorno al passato, dunque, che secondo i conti diffusi dal gruppo di Reggio Emilia garantirà un fatturato di 6,9 miliardi euro (contro quello attuale di 750 milioni), con un organico di 13.000 operatori diretti in Italia e più di 18.000 nel mondo, più altre 11.000 persone coinvolte nelle attività accessorie fornite da aziende esterne.

L'acquisto è stato benedetto dal ministro delle Imprese Adolfo Urso, con cui Mastrolia si incontrerà nei prossimi giorni per approfondire gli sviluppi industriali e occupazionali dell'operazione. Anche i sindacati Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs – dal 21 luglio in stato di agitazione per le mancate risposte di Carrefour Italia sulle prospettive di oltre 20 mila lavoratori –  hanno richiesto un incontro al ministero: “La priorità sarà verificare il piano di rilancio e la salvaguardia del perimetro occupazionale di tutte le unità produttive”, si legge in un comunicato

Attualmente NewPrinces conta 31 siti produttivi in tutto il mondo, ma c'è chi non ne ha mai sentito parlare. Sicuramente risuona di più il nome del gruppo di cui faceva parte: Parmalat. Il gruppo fondato da Callisto Tanzi l'ha costituita nel 2004, proprio durante la bufera finanziaria che la vedeva protagonista. Il nome dell'epoca (Newlat Food) è cambiato solo quattro mesi fa, ma l'azienda ha mutato forma già da tempo. Nel 2008 Parmalat è stata obbligata dall'Antitrust a disfarsi al più presto di Newlat, in modo da ridurre la sua concentrazione sul mercato. Pena una multa di 20 milioni di euro. “Grazie al fatto che nel 2008 l’autorità impose alla Parmalat di cedere la controllata Newlat ho potuto creare un polo alimentare tutto italiano”, ha raccontato al Foglio Angelo Mastrolia, che in quell'anno ha potuto acquistarla al prezzo simbolico di 1 euro insieme a tutti i marchi specializzati in latte che aveva in pancia (Polenghi, Giglio, Matese e Torre in Pietra, Fior di Salento), ricevendo al contempo una “dote” di 8 milioni per rilanciare il polo del latte nato a Reggio Emilia. Il gruppo passato di mano, infatti, oltre a 300 dipendenti e 150 milioni di ricavi, portava sulle spalle anche il peso di 36 milioni di euro di debiti. 

 

                

 

Da semplice costola di Parmalat, la Newlat ha messo su muscoli. Nello stesso 2008 ha acquistato da Nestè una parte di Buitoni, storico marchio italiano della pasta, insieme al suo stabilimento di Sansepolcro. L'anno dopo, da Parmalat, sono arrivati anche Optimus e Ala, sempre del comparto latte. Ma lo shopping non è finito: nel 2013 si è aperta al settore del grano comprando Birkel e 3 Glocken dal big spagnolo della pasta e del riso Ebro. Mentre nel 2019 ha fatto tornare in Italia Delverde, produttrice di pasta secca di alta qualità fondato nel 1967 a in Abruzzo, acquistandola dall'argentina Molinos Río de la Plata per 10,4 milioni di dollari. 

Il 2019 è l'anno del salto finanziario, con la quotazione sul segmento “Star” della Borsa di Milano. Da qui a quattro anni nel suo portafogli sono entrati 10 marchi, anche esteri. Fra questi c'è Princes, gruppo alimentare di Liverpool comprato nel 2024 da Mitsubishi Corporation per 700 milioni di sterline. Proprio tramite la sua nuova controllata, nel luglio 2025 ha completato l'acquisto della sua sede storica Royal Liver Building a Liverpool con un investimento di 60 milioni di sterline. Operazione che si inserisce in un più ampio piano immobiliare del valore complessivo di 83 milioni di sterline. Nello stesso periodo, lo shopping si è intensificato.

Qualche settimana prima di ultimare le scartoffie con Carrefour, il gruppo di Mastrolia ha infatti firmato un accordo vincolante per l’acquisizione delle attività italiane della statunitense Kraft Heinz, dunque i marchi del settore “baby e specialty food” Nipiol, BiAglut, Aproten e Dieterba e Plasmon (anche questa nata in Italia nel 1902). Valore dell'operazione: 120 milioni di euro.

Tra scalate, investimenti tentacolari e internazionalizzazioni, oggi il gruppo punta a diventare la “Luxottica del food”, come si evince da un'intervista di Mastrolia alla Stampa. Il prossimo passo sembrerebbe il packaging: settore che, insieme a produzione alimentare e distribuzione organizzata, contribuirebbe a interiorizzare quasi completamente la filiera produttiva. Il suo unico rimpianto, aveva detto l'imprenditore al Foglio l'anno scorso, era quello di aver lasciato la proprietà di Parmalat in mani estere. Con una decina di imprenditori “fummo chiamati da Bondi e da alcune banche per cercare di mettere in piedi una cordata. Ma non fu possibile e la Parmalat fu venduta ai francesi. Quello è stato uno di quei momenti in cui il sistema paese non ha proprio funzionato”. Mai dire mai. 

 

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