la sentenza

Il Tar del Lazio depotenzia il golden power del governo su Unicredit-Bpm. Ma per il Mef va tutto bene

Mariarosaria Marchesano

Il tribunale amministrativo del Lazio ha accolto parzialmente il ricorso con il quale Unicredit contestava la legittimità del golden power esercitato dal governo per l’offerta su Banco Bpm. Ma il ministero dell'Economia non sembra deluso della sentenza

Per il governo Meloni il dossier bancario Unicredit-Banco Bpm è sempre di più una patata bollente. Non solo il Tar del Lazio – con una sentenza senza precedenti in Italia - ha depotenziato il golden power, ma, secondo le ultime indiscrezioni, la Commissione europea avrebbe riaccelerato i tempi per il suo intervento a favore del gruppo guidato da Andrea Orcel. Insomma, la famosa lettera, con la richiesta di rimuovere le prescrizioni imposte per l’acquisizione della banca milanese, sta davvero per arrivare da Bruxelles e dovrebbe essere recapitata a Palazzo Chigi lunedì. 

 

Intanto, però, il Mef non sembra deluso della sentenza del Tar, pur avendo questa riconosciuto l’illegittimità di almeno due delle quattro prescrizioni imposte a Unicredit. Fonti del ministero spiegano che il tribunale amministrativo ha confermato in larga parte l’impianto del golden power contenuto nel Dpcm. Per contro, fonti di Unicredit fanno sapere che non c’è alcun dubbio che il decreto del governo debba essere rifatto visto che il Tar lo ha sostanzialmente reso un atto nullo con una sentenza immediatamente esecutiva (nel week end è attesa una posizione ufficiale).

 

Dal canto suo, Banco Bpm, sulla linea del governo sull’interpretazione della sentenza del tribunale amministrativo, chiede a Unicredit di fare chiarezza riguardo le intenzioni sull’offerta pubblica di scambio, che, a suo avviso, ha generato sul mercato un’incertezza che dura da otto mesi. In effetti, l’offerta scade il 23 luglio e la banca guidata da Andrea Orcel dovrebbe esprimersi al riguardo: decade o va avanti? Alla luce delle ultime novità, la banca avrebbe la facoltà di chiedere alla Consob una nuova proroga del termine.

 

In questo momento così delicato, ognuno tira acqua al suo mulino, ma una sentenza, di ben 71 pagine, si può prestare a interpretazioni così opposte? I fatti dicono che il Tar del Lazio dà ragione a Unicredit quando ritiene illegittima la richiesta del governo di imporre alla banca di mantenere per un periodo di almeno cinque anni un certo rapporto impieghi-depositi e di mantenere a tempo indeterminato il livello del portafoglio di investimenti in project financing, in pratica quando l’esecutivo interviene nel merito della politica aziendale. E anche sugli investimenti della società Anima in titoli di stato, il Tar prende atto del fatto che lo stato stesso ha riconosciuto, durante il dibattimento, che si tratta di una raccomandazione e non di una vera prescrizione. L’unico vero punto su cui il tribunale non è intervenuto è l’obbligo di lasciare la Russia, prescrizione che, dunque, resiste in toto perché la sua valutazione non è di competenza della giustizia amministrativa.

 

Se le cose stanno così, il governo ha due alternative: riformulare il Dpcm prendendo atto della sentenza del Tar, il che si traduce in un alleggerimento non da poco delle prescrizioni, oppure fare ricorso al Consiglio di stato avverso la sentenza del Tribunale, il che vuol dire proseguire il contenzioso. Insomma, è più il governo che dovrebbe decidere il da farsi che Unicredit che può solo sperare che il presidente della Consob, Paolo Savona, conceda un nuovo termine vista l’urgenza di chiarire il quadro. Lo ha già fatto una volta, non c’è una legge che impedisce all’autorità di vigilanza di farlo una seconda.

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