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caro energia
Come intervenire sulle bollette senza forzare il mercato? Una terza via c'è
A fronte di tariffe così alte per gli italiani spunta l'esigenza di un compromesso che passi attraverso contratti a lungo termine tra produttori di rinnovabili e acquirenti con un prezzo concordato: un disaccoppiamento di fatto e senza imposizioni dall’alto, ma gli effetti sono tutti da calcolare
Il solleone sta portando al massimo i consumi di energia elettrica e quando la domanda preme, anche i prezzi salgono; famiglie e imprese si lamentano. Gli industriali elettrici si sentono sotto tiro, mentre s’avanza una nuova genia di “elettrivori”, i data center prossimi dominatori del mercato. Stefano Besseghini, presidente dell’Arera, l’autorità che regole l’energia, ha denunciato che gli italiani pagano le tariffe più alte d’Europa, superate solo da quelle tedesche: 41,13 centesimi a kilowattora in Germania; 35,70 in Italia; 28 in Francia e 26,26 in Spagna. C’è tensione anche tra le imprese che consumano e quelle che producono energia, mentre la Confindustria cerca un punto di equilibrio. La parola magica è “disaccoppiamento”. Il prezzo della bolletta è legato a doppia mandata a quello del gas sul mercato, perché non tagliare il cordone ombelicale? Per l’Italia il vantaggio sulla carta sarebbe notevole; tra i principali paesi è quello che più dipende dal metano: 44 per cento seguito dall’idroelettrico (19 per cento), solare (14 per cento), eolico (8 per cento) e altre rinnovabili (8 per cento). In Spagna il gas conta per il 19 per cento, in Germania il 17 per cento; in Francia è minimo (3 per cento) mentre domina il nucleare (68 per cento). Sia la Spagna sia la Germania hanno un mix più equilibrato: gli spagnoli hanno mantenuto un 20 per cento di nucleare e si sono gettati sulle rinnovabili (nell’insieme il 55 per cento); i tedeschi hanno chiuso le centrali atomiche e riaperto quelle a carbone (un quinto della produzione).
Il mercato energetico è integrato e un’uscita in solitaria sarebbe controproducente, sostengono gli elettrici. Vediamo prima come si forma il prezzo marginale. Per ogni quarto d’ora i produttori offrono all’asta l’energia al costo sostenuto per produrre un kwh con una determinata tecnologia. L’offerta più economica è quella da rinnovabili, poi arriva quella importata, il gas, il carbone e il nucleare. Il prezzo è fissato dalla tecnologia che satura la domanda; in Italia è il gas per il 60 per cento delle ore al giorno. Che cosa succede se per decreto si decide di mettere un tetto in modo tale da rendere le rinnovabili punto di riferimento? E’ una ipotesi teorica perché in Italia le fonti green sono ancora troppo poche. La Spagna dove invece forniscono oltre metà della domanda, ci ha provato. Per un po’ è sembrato un vero bengodi, poi anche le imprese che producono con le rinnovabili si sono trovate in difficoltà perché il risultato finale non era tale da remunerare gli investimenti per le infrastrutture.
Il cosiddetto pun, il prezzo unico nazionale (media delle sette zone in cui è divisa l’Italia), rappresenta il prezzo all’ingrosso giornaliero, ma in bolletta si pagano anche gli oneri aggiuntivi, l’Iva, l’accisa, le perdite di rete, il dispacciamento (differenza tra energia immessa e prelevata dai clienti), la perequazione. Insomma c’è l’intero sistema energetico. E la via maestra per ridurre costi e prezzi è intervenire sul sistema, dalla produzione alla distribuzione. Le rinnovabili sono più a buon mercato (anche se bisogna tener conto di tutte le loro componenti strutturali), è necessario aumentare la loro quota (del solare soprattutto), ma si tratta di un cammino lungo e accidentato. L’esempio spagnolo è l’ultima dimostrazione che ogni forzatura del mercato si trasforma in un boomerang.
Tuttavia lo stress dei costi sulle imprese manifatturiere, soprattutto medio-piccole, oltre che sulle famiglie, è tale che non si può rispondere “la questione è complessa”, anche se davvero lo è. Emerge così un compromesso che passa attraverso contratti a lungo termine tra produttori di rinnovabili e acquirenti con un prezzo concordato, mentre gli enti pubblici potrebbero stipulare contratti con aste al ribasso e successive compensazioni. Diventa un disaccoppiamento di fatto senza imposizioni dall’alto. Una soluzione che accontenta tutti? Gli effetti sono da calcolare e non ridurranno le prossime bollette. Inoltre, le imprese energivore che non possono alimentarsi solo con rinnovabili non vedono grandi vantaggi, nonostante già ricevano delle agevolazioni. E non sono solo i siderurgici o i chimici, ma i macinatori di dati i quali hanno davanti una grande espansione. Saranno loro a fare il prezzo in un futuro sempre più vicino.