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Editoriali
Né con Quota 103 né con il Bonus Maroni
Con l'arrivo di un incentivo per chi rinuncia alla pensione anticipata, il governo mostra due visioni inconciliabili su lavoro e sistema pensionistico: quella di Salvini e quella di Giorgetti
L’Inps ha pubblicato la circolare attuativa di quello che chiama “Bonus Giorgetti” e che Giorgetti chiama “Bonus Maroni”. Si tratta di un incentivo per chi rinuncia alla pensione anticipata con Quota 103 scegliendo di proseguire l’attività lavorativa. Il bonus consiste nell’accredito in busta paga dei contributi previdenziali a carico del lavoratore e, da quest’anno, anche della loro esenzione ai fini Irpef. E’ questa la novità più importante. Perché, come mostra l’Upb, in passato il beneficio della monetizzazione dei contributi veniva compensato da futuri assegni pensionistici ridotti. Mentre ora il beneficio, l’unico, consiste appunto nell’esenzione dell’imposta sui redditi del bonus Maroni/Giorgetti che può arrivare fino a circa 6.900 euro complessivi in cinque anni. I beneficiari non dovrebbero essere tanti, 7 mila secondo la relazione tecnica, e quindi il costo è contenuto (30 milioni di euro l’anno). Ma il problema è un altro, più profondo. Perché questa misura mostra la tensione fra due misure contraddittorie, basate su due visioni contrapposte del lavoro e del sistema pensionistico.
Da un lato c’è l’idea (sbagliata) che con Quota 103 bisogna facilitare l’uscita dal mercato del lavoro per dare spazio ai giovani (Salvini), dall’altro l’idea (corretta) che l’Italia è in crisi demografica e pertanto le persone devono lavorare anche in età più avanzata altrimenti il sistema non regge (Giorgetti). Il paradosso è che il governo Meloni prima incentiva il lavoratore anziano ad andare in pensione con Quota 103 e contemporaneamente con il Bonus Maroni lo incentiva a non usare Quota 103. Sarebbe più logico applicare integralmente la legge Fornero, eliminare i due incentivi e usare i soldi di Quota 103 e Bonus Maroni per facilitare le assunzioni di giovani e donne. Perché è questo, l’aumento del tasso di occupazione, che produce crescita e rende sostenibile il sistema pensionistico.
