Andrea Orcel (foto Ansa)

scivolate

Orcel al centro di un doppio risiko, ma da Bpm a Generali i conti non tornano

Mariarosaria Marchesano

Con le sue mosse, l'amministratore delegato di Unicredit sposta pesi e misure del risiko bancario. Però nella missione più importante che si è dato, cioè fare di Unicredit un campione europeo, appare in evidente difficoltà

Non smette mai di stupire l’amministratore delegato di Unicredit, Andrea Orcel. Durante la conferenza internazionale dei ceo ospitata ieri e oggi da Mediobanca, Orcel, unico banchiere a consentire che il suo intervento venisse trasmesso in streaming, ha annunciato che col tempo ridurrà la sua partecipazione in Generali “fino a uscirne”. Come mai? “Non è strategica”. Orcel ha sempre dichiarato che la quota del 6,7 per cento acquisita nel Leone è di tipo “finanziario”, però dire in questa fase che intende uscire da Generali equivale a lanciare un messaggio preciso: il totale disimpegno dalla battaglia finanziaria che si sta consumando in Italia per il controllo della compagnia guidata da Philippe Donnet.

 

Eppure, Orcel, quando nell’assemblea di aprile ha votato per la lista Caltagirone ha motivato la sua scelta con la necessità di discontinuità dell’attuale governance del Leone. Non proprio un commento da azionista finanziario. E sabato scorso è stata proprio la certezza della presenza di Unicredit con un rilevante pacchetto di azioni (circa il 4 per cento, direttamente e indirettamente) a convincere il cda di Mediobanca guidata da Alberto Nagel a rinviare l’assemblea dei soci nella consapevolezza che la sua proposta su Banca Generali sarebbe a quel punto passata in minoranza. Insomma, non si può dire che Orcel partecipi in modo neutrale alle partite del risiko, anzi, con le sue mosse, da abile trader, sposta pesi e misure. Però, poi, nella missione più importante che si è dato, cioè fare di Unicredit un campione europeo, appare in evidente difficoltà.

 

E’ di ieri la notizia che il governo Meloni ha risposto alle domande dell’Unione europea sui paletti posti all’Ops di Unicredit su Banco Bpm sostenendo che il risparmio è una questione di sicurezza nazionale e che ritiene del tutto legittimo l’uso del golden power anche, evidentemente, quando i protagonisti dell’aggregazione sono due soggetti nazionali. La natura domestica di un matrimonio tra Unicredit e Bpm è, infatti, il dubbio sollevato da Bruxelles in relazione al rischio paventato dall’Italia per la sicurezza nazionale. Ma su questo punto la risposta di Palazzo Chigi è stata ribadire che il 60 per cento del capitale di Unicredit è detenuto da investitori esteri, anzi extra Ue. E’ evidente che di fronte a una posizione di questo tipo, le probabilità che l’offerta sulla banca milanese vada avanti sono davvero poche. E non a caso Orcel ha ribadito che in mancanza di chiarezza sul golden power, l’Ops non andrà avanti. 

 

Considerato che anche il governo del cancelliere tedesco, Friedrich Merz, ha bollato come ostile l’avanzata su Commerzbank, che cosa farà Unicredit di tutte le risorse di cui dispone? Il tema non è da poco. Basta un numero: Orcel è seduto su una montagna di capitale in eccesso: 10 miliardi secondo quanto ha precisato lo stesso banchiere alla ceo conference. Può investirli in acquisizioni per crescere di dimensioni oppure redistribuire i soldi agli azionisti nel 2027. In pratica, se queste due operazioni strategiche non andranno in porto, Orcel o ne trova rapidamente delle altre oppure sarà costretto a rimettere tutti questi soldi nelle tasche dei soci che già incassano dividendi record. Con il risultato che lo sviluppo di una banca che ha sede in Italia verrebbe soffocato.

 

Un’implosione per eccesso di ricchezza. La stessa sorte toccherebbe agli altri gruppi bancari europei che si stanno imbattendo nei veti dei governi. Sarebbe questo un paradossale effetto collaterale del sovranismo finanziario degli stati: costringere le banche europee a mantenere una dimensione limitata in nome della protezione del risparmio dei cittadini, quando è noto che la miglior tutela sarebbe quella di garantire l’accesso a un mercato più ampio e diversificato di opportunità e a costi più bassi. Ma tant’è e la linea del governo italiano, ma anche di quello tedesco, spagnolo e portoghese, su situazioni analoghe, sembra molto ferma, sebbene in contraddizione con gli indirizzi di vigilanza della Bce oltre che con quelli della Commissione europea. 

 

E’ in questo inaspettato contesto di protezione dei confini domestici che si è trovato a operare un banchiere intraprendente come Orcel. Con la sua tattica di giocare su più tavoli contemporaneamente, ha suddiviso i progetti strategici (Banco Bpm e Commerzbank, ma anche la greca Alpha Bank) dalle operazioni più opportunistiche, per esempio Generali. Ma finora sembra avere avuto più fortuna con le seconde che con i primi. E poi, la domanda che qualcuno si pone ora è: se da Generali intende uscire, farà lo stesso anche con Mediobanca? E quando, prima, durante o dopo l’Ops di Montepaschi?
Mariarosaria Marchesano

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