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da gorizia

Le fondazioni gettano un po' d'acqua sul fuoco delle scalate di Orcel

Mariarosaria Marchesano

In entrambi i dossier aperti da Unicredit, le parti sono più distanti che mai. Ed è per questo che appare saggio l’invito del presidente di Cariverona a sedersi a un tavolo e distendere gli animi

Sul risiko bancario è arrivato il tempo del dialogo e, in particolare, sulle operazioni che Unicredit ha in corso con Banco Bpm e Commerzbank, “le parti dovrebbero sedersi a un tavolo per capire quale sia la strada migliore da percorrere insieme”. Ci voleva il congresso nazionale delle Fondazioni bancarie, in corso a Gorizia, per lanciare un appello alla distensione degli animi come ha fatto il presidente di Fondazione Cariverona, Paolo Giordano, parlando a margine dell’evento che il presidente dell’Acri, Giovanni Azzone, ha aperto con il messaggio del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella sull’importanza del ruolo svolto dalle Fondazioni bancarie “per la stabilità finanziaria del paese, anche in esperienze di public company”.

 

                               

Il gruppo Unicredit è una delle public company italiane in cui le fondazioni bancarie sono presenti sia come enti conferitari (cioè come ex azionisti di maggioranza) che come investitori finanziari. Oggi Fondazione Cariverona possiede oltre l’1 per cento della banca guidata da Andrea Orcel, che almeno su due dei molteplici fronti in cui è impegnata sta incontrando ostacoli di vario tipo, compresa l’ostilità dei governi italiano e tedesco. Ma le fondazioni sono anche investitori “pazienti” e per Giordano “non sarebbe un dramma” se non andasse in porto l’Ops su Banco Bpm, che proprio ieri si è visto respingere dal Tar del Lazio la richiesta di bloccare la decisione di Consob di prolungare di 30 giorni il termine dell’offerta di Unicredit, e anche l’idea di aggregazione con Commerzbank, se dovesse saltare, non sarebbe poi così grave. “Ma penso – ha detto il presidente della Fondazione Cariverona – che sarebbe meglio instaurare un percorso di dialogo perché mi sembra che si stiano alzando sempre più dei muri”.  Un messaggio di fiducia nei confronti dell’ad Andrea Orcel, ma anche un sottinteso invito a distendere i toni il giorno dopo le dichiarazioni infuocate del numero uno di Unicredit sul processo di aggregazione tra banche in Europa che non può funzionare sei i governi si mettono di mezzo. 

A Giordano ha fatto eco il numero uno della Fondazione Modena, Matteo Tiezzi: “Unicredit è molto solida – ha commentato – i dati ci sono anche al di là delle operazioni straordinarie che sono il percorso che una banca con queste ambizioni deve fare e può fare”. Secondo Tiezzi, che ha chiarito di detenere una quota molto ridotta di Unicredit (0,06 per cento) ma di avere chiesto al Mef l’autorizzazione per investire ancora, l’operazione su Banco Bpm sarebbe un di più, ma se non si concludesse “non crollerebbe il mondo”. Parole che preparano il terreno a un ritiro di Orcel?  

In effetti, come ha anticipato lo stesso ad di Unicredit, le probabilità che l’Ops vada avanti si sono ridotte a circa il 20 per cento. Anche se il fatto che il  Tar del Lazio ha dato ragione alla Consob – il che vuol dire che il nuovo termine dell’offerta su Banco Bpm viene spostato dal 23 giugno al 23 luglio – fa in modo che la decisione dello stesso tribunale amministrativo sul merito del golden power caschi in teoria in tempo utile per mandare in porto l’operazione (è attesa il 9 luglio). Ma i tempi sono comunque troppo stretti affinché la questione venga chiarita anche sul piano politico e, comunque, i vertici della banca milanese, il presidente Massimo Tononi e l’amministratore delegato Giuseppe Castagna fanno notare che “il contesto non cambia” perché “l’offerta non è chiara”, in termini di mercato a prescindere dal nodo golden power. 

A complicare il quadro si è aggiunta ieri l’amministratrice delegata di Commerzbank, Bettina Orlopp, che ha criticato Orcel per aver messo in discussione il prezzo delle azioni della banca tedesca che sarebbe a suo avviso salito eccessivamente. Insomma, le parti, in entrambi i dossier aperti da Unicredit, sono più distanti che mai ed è per questo che appare saggio l’invito del presidente di Cariverona a sedersi a un tavolo. Era inevitabile che la vicenda Unicredit facesse da sfondo alle due giornate del Congresso nazionale dell’Acri, che ha visto il mondo delle fondazioni confrontarsi con membri del governo, come il sottosegretario al Mef, Federico Freni, in una fase in cui col ministero sono in discussione pesi e misure delle partecipazioni proprio nelle banche oltre che le regole sulla governance degli enti. Sul punto il presidente Azzone ha voluto chiarire che se il protocollo Acri-Mef va rivisto in termini di maggiore flessibilità in un mondo che sta cambiando, questo non sarebbe “un favore che il governo fa alle fondazioni ma avrebbe una ricaduta positiva sulle comunità”.