
(foto Ansa)
i numeri
Su la produzione industriale. La svolta c'è, gli zero virgola restano
Il dato della produzione di aprile sorprende: più 1 per cento. interrompendo 26 mesi di calo. Segnali di stabilizzazione nella manifattura, ma la ripresa resta fragile e a più velocità tra settori e imprese
Gli analisti la giudicano una sorpresa. Tutti si aspettavano che la produzione industriale di aprile fosse in calo e invece è successo l’opposto. Non solo il singolo mese ha registrato un incremento (robusto) dell’1 per cento ma per effetto di questo dato si è interrotta la striscia negativa dei 26 mesi di discesa consecutiva della produzione industriale, calcolata anno su anno, che durava dal gennaio ‘23. La striscia vuoi per la semplificazione mediatica che ne derivava vuoi per l’utilizzo che i politici ne hanno fatto era diventata un po’ la fotografia-simbolo di una fase travagliata della manifattura italiana. La A e la Z del declino. Il dato di ieri movimenta questo scenario e produce questi riepiloghi che sarà utile leggere uno dietro l’altro: mese su mese +1 per cento, trimestre su trimestre +0,4 per cento, anno su anno +0,3 per cento. Molto può dipendere, secondo gli stessi analisti, dalla collocazione delle festività di aprile nei calendari di produzione e quindi è necessario guardare tutti i tre riscontri per avere un quadro esauriente. Se però aggiungiamo al dato sorprendente della produzione industriale di aprile anche le ultime rilevazioni sulla fiducia di famiglie e imprese (in incremento) si può tranquillamente dire che qualcosa, soprattutto nella manifattura, si è mosso. E non sembra dipendere dall’anticipazione delle consegne per il mercato degli Stati Uniti per sventare i dazi.
Il dettaglio settoriale ci dice che ad aprile si è prodotto di più quasi dappertutto, tra i beni di consumo, quelli strumentali e, in misura minore, tra i beni intermedi. La sola energia è rimasta stabile. Se poi allarghiamo l’indagine agli ultimi dodici mesi vediamo che l’industria del legno e della carta hanno tirato il gruppo (con +4,7 per cento) seguite dalla fabbricazione di computer e prodotti per l’elettronica con il 3,3 per cento. L’alimentare si conferma settore con poche oscillazioni con un aumento del 3,2 per cento. Se andiamo a cercare i dati dei settori in maggiore crisi possiamo constatare come i mezzi di trasporto siano calati in produzione del 9,5 per cento in un anno ma il tessile-abbigliamento abbia comunque attutito la caduta scendendo nei 12 mesi solo dello 0,5 per cento.
A che serve questa ricognizione un po’ pignola? Ad evitare in primo luogo illusioni precoci sul dato di aprile e a differenziare la lettura da settore a settore per capirne di più. Il giudizio finale degli analisti è che si possa parlare di una sorta di “stabilizzazione” della crisi industriale. Forse il peggio è passato. Nell’automotive, ad esempio, la manifattura italiana ha pagato un prezzo superiore alle sorelle d’Europa e potrebbe aver terminato con le perdite. Il tessile-abbigliamento ha pagato di meno ma avrebbe trovato comunque un suo punto di caduta. Per avere maggiori dettagli può essere utile anche analizzare l’industria non per settori ma per dimensioni. E paragonarla a un treno. Allora la carrozze di testa ovvero le grandi imprese procedono in maniera regolare, specie quelle specializzate nella difesa e nell’aerospazio. Il quarto capitalismo delle medie imprese, secondo un recentissimo report di Mediobanca, riesce comunque a crescere anche in questi mesi di bufera sui dazi e di incertezze geopolitiche. Le Pmi inserite stabilmente nelle filiere non se la passano malissimo mentre, e siamo alle carrozze di coda, le Pmi che affrontano il mercato da sole sono in difficoltà al punto da rischiare addirittura la sopravvivenza. La metafora del treno si presta, fuori dallo specifico statistico, anche per spiegare il blocco del rinnovo del contratto metalmeccanici con l’associazione di categoria, la Federmeccanica, alle prese con la difficile individuazione di un punto di sintesi valido per le tutte le carrozze di cui abbiamo parlato.
Ultima domanda. Il dato sulla produzione industriale di ieri può influenzare l’andamento del Pil? Come sappiamo il primo trimestre aveva fatto segnare +0,3 per cento ma tutti gli osservatori lo avevano salutato come un evento non immediatamente replicabile. Quindi i prossimi trimestri sono attesi a performance meno incoraggianti, attorno allo 0,1 per cento in più. E non è il dato sulla produzione di aprile che può spostare questa previsione. Giochiamo sempre nel campionato dello zero virgola e il massimo che si può prevedere oggi è che il Pil di fine anno possa andare sopra lo 0,6 ma non oltre lo 0,7 per cento. Ma almeno dovremmo poter accantonare l’incubo di un ribasso.