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Il patatrac
I danni causati alla Bce dal dossier Lagarde su Davos & co
La voce (poi diventata notizia) di un'uscita anticipata della numero uno di Francoforte sa di abbandono della nave da parte della comandante. Soprattutto in un momento in cui l’euro deve essere all’altezza della fiducia che sta ricevendo dai mercati e nella competizione mondiale tra valute
Della futura destinazione di Christine Lagarde alla guida del World economic forum si era sentito parlare. Un auspicio, un desiderio, anche una sparata fatta circolare da Davos per tentare di recuperare un po’ di prestigio all’organizzazione inventata e lanciata da Klaus Schwab e poi messa in crisi dalle precipitose dimissioni del suo stesso fondatore, tra accuse che vanno da illeciti finanziari a molestie sessuali e ora, in fase di accertamento tra inchieste ufficiali e procedimenti interni. Che si alimentassero queste voci dal Wef poteva anche avere un senso e si può anche capire che per la Banca centrale europea fosse difficile e inopportuno mettersi a smentire semplici espressioni di desideri, come quelle dei tifosi che in estate sognano trasferimenti di campioni nella loro squadra.
Il guaio è che ieri è arrivato il patatrac, con la voce trasformata in una notizia pubblicata dal Financial Times e con un’aggiunta clamorosa: non solo trasferimento a Davos per Lagarde ma anche uscita anticipata dalla presidenza della Bce. Un botto tale ha avuto bisogno di un’uscita sempre tremendamente sgradevole per la comunicazione di una banca centrale e cioè di una circostanziata smentita. Di quelle che non solo danno la notizia sottostante due volte, ma la connotano di un certo ridicolo. Inevitabile quando si accostino le due istituzioni di cui Lagarde è stata alla guida in serie, e cioè il Fondo monetario e la Bce, con l’incarico di ripulire l’immagine e ridare operatività a una specie di grande agenzia di pubbliche relazioni, finita in difficoltà proprio come broker reputazionale. Cosa fanno i banchieri centrali dopo aver finito il loro mandato è sempre stato un tema di interesse per gli studi sulla loro influenza e per la regolazione della loro attività. La banca d’Italia pre euro aveva risolto il problema (forse sbagliando) con la nomina a tempo indeterminato, ma le uscite sono sempre state dirette o verso incarichi istituzionali o verso un non impegnativo ruolo di governatore emerito.
Condizione simile a quella degli altri paesi con standard di politica monetaria e di vigilanza bancaria di livello europeo. A Lagarde deve essere sfuggito qualcosa, mentre attorno a lei a Francoforte da un po’ si sentono più critiche che apprezzamenti. E mentre è messa in discussione apertamente, anche da autorevoli commentatori, la stessa credibilità delle linee guida con cui il mercato, le imprese, i governi, dovrebbero tentare di adeguarsi preventivamente alle mosse di politica monetaria, senza dover ricorrere all’interrogazione sibillina dei set di dati. L’errore è probabilmente imperdonabile, perché il corollario dell’uscita anticipata va a mettere in discussione le regole con cui la Bce è messa in condizione di operare in base al mandato che riceve dalle istituzioni europee e dai governi nazionali attraverso i componenti del board espressi da ciascuna banca centrale.
Senza farla troppo lunga con le questioni reputazionali e di indipendenza l’uscita anticipata da un mandato che è anche breve sa di abbandono della nave da parte della comandante. E in un momento in cui l’euro deve essere all’altezza della fiducia che sta ricevendo dai mercati, nella competizione mondiale tra valute. E mentre si avvicina la fase finale del percorso di riduzione dei tassi. O, meglio, forse si avvicina, perché con l’avvicinarsi del passaggio atteso per luglio i segnali della Bce si sono fatti sempre più confusi e confondenti.
Il capo economista Philip Lane ha provato a ragionare di inflazione in una recentissima intervista, dando sì indicazioni verso un possibile nuovo taglio ma mettendo anche in evidenza le tendenze non ancora stabilizzate di alcune componenti del sistema dei prezzi. Voci di cambio di mestiere per Lagarde, pezzo del Ft e poi smentita affannosa arrivano anche in un momento super strategico per il lancio dell’euro digitale. Il progetto è necessario per presidiare un settore in cui potrebbero arrivare attori pericolosi e per mantenere il controllo della moneta europea. Ecco, non era proprio il momento degli sguardi compiacenti verso Davos.


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