
Foto LaPresse
Dopo l'annuncio alla Casa bianca
Per Lollobrigida e Bertinelli i dazi e l'italian sounding non sono più un problema
Le misure di Trump sono ininfluenti per il il Made in Italy e il parmesan non è mai stato un ostacolo. I cortocircuiti logici del presidente del consorzio del Parmigiano Reggiano e del ministro dell’Agricoltura
L’evento di Donald Trump al Rose Garden della Casa Bianca, con tanto di tabellone dei dazi calcolati con formule bizzarre sulla base di ragionamenti fallaci, mostra che la svolta protezionista del secolo mescola le la tragedia alla farsa. Ma anche da quest’altra parte dell’Oceano Atlantico, per dirla con Flaiano, la situazione è grave ma non è seria. Se per chi li impone è già difficile motivare i dazi con i rudimenti dell’economia, risulta oltremodo grottesco se a giustificarli è chi li subisce. L’operazione è possibile solo sottoponendo la logica a torture brutali. Succede in Italia.
Dopo l’annuncio del presidente degli Stati Uniti di dazi aggiuntivi del 20 per cento sulle importazioni europee, il presidente del consorzio del Parmigiano Reggiano, Nicola Bertinelli, ha gettato acqua sul fuoco. “I dazi sul nostro prodotto passano dal 15 al 35 per cento”, ha detto, ma non c’è da preoccuparsi perché “il Parmigiano Reggiano è un prodotto premium e l’aumento del prezzo non porta automaticamente a una riduzione dei consumi. Lavoreremo per cercare con la via negoziale di fare capire per quale motivo non ha senso applicare dazi a un prodotto come il nostro che non è in reale concorrenza con i parmesan americani”.
I dazi pertanto danneggeranno solo i consumatori americani, costringendoli a pagare di più, ma nessun problema per il Made in Italy: “Oggi, il vero nemico dei produttori di latte non sono le loro controparti estere, ma i prodotti che vengono chiamati latte o formaggio pur non avendo alcuno legame con terra e animali, come i cibi a fermentazione cellulare”. Insomma, in piena linea coldirettista (Bertinelli è vicepresidente nazionale della Coldiretti), i rischi per l’Italia non arrivano dai dazi di Trump che esistono bensì dalla carne sintetica che non esiste.
I cortocircuiti logici di Bertinelli non terminano qui. Se il ragionamento del presidente del Consorzio è che la domanda di Parmigiano Reggiano è talmente rigida da essere insensibile a un dazio del 20 per cento, non si capisce perché finora il formaggio sia stato venduto negli Stati Uniti a un prezzo inferiore. Vorrebbe dire che il Consorzio ha fatto pagare le proprie forme di parmigiano agli americani con uno sconto del 20 per cento. I soci avrebbero molti motivi per essere incazzati con il proprio presidente e le politiche di prezzo del Consorzio.
Ma c’è di più. Dopo aver detto che, in sostanza, i dazi sono ininfluenti, Bertinelli afferma che si sforzerà per farli togliere. Chissà perché poi, se le vendite non subiranno conseguenze negative. In ogni caso, l’argomento per convincere Trump è che il Parmigiano Reggiano “non è in reale concorrenza con i parmesan americani”. E’ una svolta epocale. Dopo aver grattugiato i timpani degli italiani per decenni con l’italian sounding, sostenendo che gli stranieri fregavano i produttori italiani ingannando i consumatori americani usando il nome truffaldino parmesan, ora il presidente del Consorzio del Parmigiano Reggiano e vicepresidente della Coldiretti spiega che, in realtà, non è mai stato un problema. Il parmesan non è in concorrenza con il parmigiano, nessuno in America compra il primo pensando che sia il secondo, anche perché “il Parmigiano Reggiano viene venduto a un prezzo più che doppio rispetto a quello dei parmesan locali”. E gli americani continueranno a comprarlo anche dopo l’aumento del 20 per cento del prezzo causa dazi.
A dare man forte a questi argomenti è immediatamente arrivato il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, che ha definito “sagge” le parole di Bertinelli perché i precedenti dazi di Trump hanno dimostrato che il Parmigiano è “anelastico”: “Chi vuole il parmesan lo compra, chi vuole il Parmigiano Reggiano in passato è stato disposto a pagarlo di più”. E se non lo compreranno più vorrà dire che non l’apprezzano abbastanza. Peggio per loro.
Anche per Lollobrigida l’italian sounding non più è un problema e neppure i dazi. Seguendo la stessa logica evidentemente il ministro Lollobrigida, la Coldiretti e il Consorzio del Parmigiano Reggiano sono contrari all’accordo con il Mercosur, che abbatte i dazi e riconosce le denominazioni d’origine. Lo stesso metodo cartesiano, Lollobrigida lo aveva applicato ai vini, dicendo che i dazi di Trump non sono un problema: “Se un prodotto è di qualità sei disposto a pagarlo un po’ di più”. Se quindi l’export di vini e formaggi negli Usa calerà, non sarà colpa dei dazi, vorrà semplicemente dire che i prodotti italiani non sono di qualità. A differenza della nostra classe dirigente, che eccelle per logica ed economia, surclassando i cervelli dell’Amministrazione Trump. Come il Parmigiano rispetto al parmesan.

Europa contro Europa
Bruxelles pronta a dirottare i Fondi di coesione. Lo scudo bipartisan delle regioni


direzioni da trovare