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le aspettative dopo i tagli
Il mercato naviga a vista sulle prossime mosse di Lagarde
La Bce taglia i tassi di 25 punti base ma su quello che farà successivamente le previsioni non sono mai state così discordanti. L'opinione degli esperti
Ci siamo: oggi la Bce ha deciso per un taglio dei tassi di 0,25 punti. Ma su quello che farà successivamente le previsioni non sono mai state così discordanti. In assenza della forward guidance, scelta deliberata della Banca centrale guidata da Christine Lagarde, gli operatori danno sfogo ad aspettative diverse. “Se la Bce non avesse annunciato con tanta enfasi il taglio dei tassi questa settimana – spiega David Chappell di Columbia Threadneedle, uno dei più grandi fondi d’investimento del mondo con base a Londra – ci sarebbe stato un acceso dibattito sull’opportunità di attendere altri dati dopo le pubblicazioni poco incoraggianti sui salari e sull’inflazione delle due ultime due settimane”.
Insomma, è questione di reputazione. A Francoforte si sono sbilanciati sul taglio dei tassi a giugno, così fare retromarcia adesso equivarrebbe a una perdita di credibilità. E per Chappell è molto probabile che il successivo taglio non avvenga prima di settembre o ottobre, proprio perché la Bce punta a mantenere un approccio prudente. E’ una chiave di lettura possibile, ma la Bce, nell’anticipare l’intenzione di avviare il percorso di riduzione del costo del denaro nella riunione del 6 giugno, ha sicuramente considerato anche il rischio evidenziato dal governatore della Banca d’Italia ed ex componente del board dell’Eurotower, Fabio Panetta, e cioè che non tagliare o tagliare troppo tardi potrebbe provocare una stagnazione radicata nell’area euro e aspettative di inflazione sotto l’obiettivo del 2 per cento.
La banca d’affari americana Bofa dice di aspettarsi da Lagarde “il primo di molti tagli”. Vale a dire, una sforbiciata di 0,25 punti nella riunione odierna e diverse altre successive fino ad arrivare a una riduzione di 2 punti entro il primo semestre del 2025. Bofa ritiene che ci sia troppo disaccordo sulle prospettive di inflazione, sul punto di arrivo, dove si trova il tasso neutrale, e sulla velocità in cui alla fine si arriverà a questo punto. Così per orientarsi prende come riferimento sia il discorso del capo economista della Bce, la colomba Philip Lane (“Dobbiamo ancora essere restrittivi per tutto l’anno. Ma all’interno della zona di restrizione possiamo abbassarci un po’”) che l’intervento del falco Klaas Knot (“In un quadro di politica monetaria ottimale, i tassi dovrebbero scendere al 2,25 per cento entro il secondo semestre del 2025, sulla base delle previsioni di marzo”) arrivando a basare sulla sostanziale convergenza tra i due la stima di tagli multipli nell’arco di un anno.
Un’altra casa d’investimenti statunitense, la T. Rowe Price, mette invece in evidenza quanto i dati recenti abbiano spazzato le aspettative della Bce sulle pressioni inflazionistiche: sia la crescita dei salari negoziati che quella dell’inflazione Hicp dell’Eurozona (cioè basata sui consumi armonizzati) sono state a maggio più accentuate del previsto, così come anche l’inflazione da servizi. C’è poi da considerare che i costi di spedizione dalla Cina stanno di nuovo aumentando rapidamente e che i prezzi del gas hanno ricominciato a salire. Insomma, “Dopo un lungo periodo di disinflazione, le pressioni inflazionistiche in tutte le componenti stanno tornando a crescere. Questi sviluppi mettono in dubbio i tagli futuri”, dice T- Rowe Price.
Per Matteo Ramenghi di Ubs Wm Italia il cambio di rotta delle banche centrali è ormai sancito e c’è da aspettarsi che si arrivi almeno al 2,5 per cento per la prossima estate, anche se la discesa dell’inflazione potrebbe essere accidentata. Ma la principale domanda che bisognerebbe porsi è come sarà il prossimo ciclo dei tassi. “A mio avviso – osserva Ramenghi – la zona euro difficilmente potrà registrare una forte domanda interna in considerazione della sua demografia, della riduzione del potere d’acquisto della classe media e delle politiche fiscali piuttosto rigorose”. Ad avere indirettamente un peso nella futura politica monetaria sarà il nuovo Patto di stabilità, che non sembra tenere conto dei maggiori esborsi che l’Europa dovrà affrontare per la difesa. “Molti paesi potrebbero essere sottoposti a una procedura per deficit eccessivo, tra i quali Italia, Francia, Belgio e forse Spagna”, dice l’esperto della svizzera Ubs ricordando che la stessa Bce prevede che l’applicazione del nuovo patto potrebbe erodere tra lo 0,2 per cento e lo 0,4 per cento del pil nel periodo 2025-26. Questo e altri fattori farebbero propendere per una discesa significativa dei tassi ma “in assenza di crisi sistemiche, è improbabile che si ripeta l’esperienza dello scorso decennio dei tassi negativi e immissioni illimitate di liquidità”.