il caso

Sulla cannabis light il ministro Urso sbaglia: "A rischio 3 mila imprese. Non siamo spacciatori"

L'intervento della vicepresidente dell'associazione "Imprenditori della Canapa Italia"

Sandra D'Alessio

Un emendamento del governo rischia di creare migliaia di nuovi fuorilegge: non sono criminali, ma gli imprenditori del settore della canapa che non potranno continuare a vendere le inflorescenze della pianta

Dalla sera alla mattina l’Italia si troverà con migliaia di nuovi fuori legge. Agricoltori, imprenditori e commercianti, che fino a ieri fatturavano milioni di euro coltivando la canapa, vendendo le infiorescenze nei pochi shop rimasti in Italia, ed esportando il 98 per cento del prodotto in Europa, saranno considerati spacciatori. Anzi, saremo. Sarà infatti questo il destino mio e degli oltre 3 mila imprenditori che dal 2016 a oggi hanno lavorato dall’agricoltura al dettaglio, e dei 13 mila dipendenti che operano nel settore. Le infiorescenze lavorate e trasformate hanno dato vita a un crescente business, soprattutto all’estero. Il governo Meloni ha presentato un emendamento a firma del sottosegretario Alfredo Mantovano al ddl sicurezza all’esame delle commissioni Affari costituzionali e Giustizia della Camera per vietare – ex abrupto – qualsiasi forma di attività. Ma la canapa light non ha effetto drogante. Lo hanno confermato l’Oms, il Tar e la normativa europea dando il via libera alla filiera produttiva e commerciale. Se la preoccupazione era la sicurezza stradale, allora avrebbero potuto usare uno strumento di controllo come si fa con l’etilometro per il vino.
 

Oggi noi imprenditori chiediamo di essere auditi in commissione. Vogliamo un tavolo di confronto con il governo. Interrogato dal deputato Riccardo Magi di +Europa, il ministro del Made in Italy Adolfo Urso ha lasciato poco spazio alla speranza: “L’emendamento recepisce il principio di diritto delineato dalle sezioni unite della Corte di cassazione per dirimere il contrasto giurisprudenziale sul tema. Secondo tale principio la commercializzazione al pubblico della canapa sativa e, in particolare, di foglie, infiorescenze, olio e  resina ottenuti dalla coltivazione della predetta varietà di canapa, integra il reato anche a fronte di un contenuto di thc inferiore ai valori indicati dalla legge 242 del 2016 a meno che tali derivati siano in concreto privi di ogni efficacia drogante, secondo il principio di offensività”.
 

Secondo Urso, la legge del 2016 a causa della non perfetta formulazione ha consentito lo sviluppo anche di un mercato secondario di prodotti derivanti dalla canapa nonché di infiorescenze e di altri prodotti contenenti un tenore di thc sino allo 0,6 per cento, potenzialmente idoneo a determinare un effetto psicoattivo anche se blando, come evidenziato da consolidata giurisprudenza e tossicologia forense. “Comprendo le ragioni delle imprese e dei lavoratori, e assicuro nei limiti delle mie competenze ministeriali massimo ascolto”, ha aggiunto Urso. Per ora siamo noi ad ascoltare il ministro. Vorremmo potergli spiegare che questa canapa non ha effetto drogante e il Thc è molto al di sotto dello 0.6 per cento. Contestiamo anche la definizione di cannabis light. Non siamo spacciatori, siamo imprenditori preoccupati non solo per il nostro lavoro ma anche per gli oltre 13 mila impiegati nel settore che da un momento all’altro saranno senza lavoro.
 

Sandra D’Alessio è Vicepresidente dell’associazione Imprenditori della Canapa Italia