Dopo Suviana. Non è con gli slogan contro i subappalti che si rendono più sicuri i posti di lavoro

Oscar Giannino

Oltre un secolo di scioperi generali e una domanda: servono? L’assemblea straordinaria indetta dalla Cisl per sabato prossimo a Roma sui temi della sicurezza del lavoro è più utile di cortei e parole d’ordine gridate dai palchi nelle piazze

Nella tradizione del sindacalismo riformista che prese piede in Germania e nord Europa a fine Ottocento, lo sciopero generale era riservato a casi estremi, per protestare contro la repressione armata che i governi riservavano alle richieste dei lavoratori, contro orari allora massacranti, contro la negazione delle minime tutele alle prime forme cooperative di “finanza solidale” tra lavoratori. Il sindacalismo rivoluzionario in quei paesi divenne minoritario nella sua parola d’ordine “fare come in Russia”. Da noi la storia è stata diversa. Fu la Camera del lavoro di Milano guidata dal sindacalismo rivoluzionario di Arturo Labriola a indire il primo sciopero generale nel settembre di 120 anni fa, uno sciopero che però fece saltare l’intesa sul nascere tra Giolitti e il Partito socialista di Filippo Turati.

  
Lo scontro tra sindacalismo rivoluzionario e riformista spappolò la forza elettorale che i socialisti avevano preso sempre più a ottenere alle urne. Il risultato fu che Giacomo Matteotti era solo a denunciare alla Camera la violenza e il malaffare del fascismo e tra poche settimane ne celebreremo il centenario dell’assassinio senza dimenticare le parole sprezzanti che allora gli riservò Antonio Gramsci, in linea con la liquidazione dei socialisti riformisti indicati prima come social-traditori e poi come social-fascisti dal Comintern a guida stalinista. 

 
Questa premessa introduce una domanda attuale. Serve davvero la centenaria arma spuntata dello sciopero generale per garantire più sicurezza ai lavoratori nella loro prestazione d’opera? Sono pazzi traditori o hanno ragione, i sindacalisti della Cisl che ieri non hanno aderito allo sciopero generale indetto da Cgil e Uil, che dopo la tragedia di Suviana hanno infilato la sicurezza del lavoro in cima a una lunghissima lista di obiettivi dello sciopero, dalla riforma fiscale alla sempiterna “trasformazione del modello di sviluppo”? Non siamo avvocati d’ufficio della Cisl, pensiamo però che l’assemblea straordinaria indetta da quella confederazione per sabato prossimo a Roma sui temi della sicurezza del lavoro sia più utile di cortei e parole d’ordine gridate dai palchi nelle piazze. In nessun caso la sloganistica a effetto può entrare nel merito delle questioni tecniche del profluvio di norme che ogni governo ha aggiunto in materia di sicurezza sul lavoro. 


Esempio: ripetere “basta subappalti” è molto facile, ma fa a pugni con la realtà. Il problema è invece: vanno estesi anche al mondo privato gli obblighi di certificazione previsti per gli appalti pubblici, e vogliamo estenderli anche ai subappaltatori (tagliando fuori migliaia di imprese micro e piccole)? O vogliamo ampliare in generale gli obblighi di responsabilità diretta dei general contractor anche alla lunga catena dei loro subappaltatori, il che implica misure ben ponderate in tema di corresponsabilità in solido, civile e penale? 


Solo con idee chiare su simili questioni si può concorrere a svolte davvero efficaci. Altrimenti, nessuno sciopero generale salverà una sola vita, sarà solo un’effimera gara vocale. No, non è lo sciopero generale l’arma che alimenterà quella cultura della sicurezza condivisa dal basso tra lavoratori e imprese che abbiamo in mente noi.