Giovanbattista Fazzolari. Sullo sfondo Giorgia Meloni (LaPresse)

il grande risiko

Gavio, Aspi, Cdp e governo. Chi gioca al gran ballo delle autostrade

Stefano Cingolani

Ci sono pezzi da novanta pubblici e privati, italiani, americani, australiani, francesi. Cassa depositi e prestiti studia un nuovo dossier, per creare un super campione in grado di affrontare quella transizione industriale che ha nelle infrastrutture per la mobilità la sua colonna vertebrale. E a palazzo Chigi apprezzano

Il dossier è sul tavolo di palazzo Chigi. Dicono che sia all’attenzione di Giovanbattista Fazzolari. Dicono che l’immarcescibile Fabrizio Palenzona abbia suggerito di aprirlo e leggerlo con attenzione al plenipotenziario di Giorgia Meloni con il quale ha stabilito un buon rapporto. Dicono che ne trarrebbero vantaggio il governo, la Cassa depositi e prestiti, i fondi di investimento e tutti i “signori delle autostrade”, per non parlare della nazione, perché di questo si tratta: creare un super campione in grado di affrontare quella transizione industriale che ha nelle infrastrutture per la mobilità la sua colonna vertebrale. Ne dicono tante e tutte hanno un senso, anche se bisogna ancora far quadrare il cerchio. Di che cosa stiamo parlando esattamente? Di un matrimonio tra l’Aspi, Autostrade per l’Italia controllata dal Tesoro attraverso la Cassa depositi e prestiti, con Blackstone e Macquarie come azionisti, e l’Astm (presieduta da Angelino Alfano) che fa capo al gruppo Gavio insieme ad Ardian fondo di private equity filiazione del colosso assicurativo francese Axa. Darebbe vita al numero due al mondo dopo Mundys (ex Atlantia con la spagnola Abertis) e prima dei francesi di Vinci. Attorno al tavolo da gioco, dunque, siedono pezzi da novanta pubblici e privati, italiani, americani, australiani, francesi. 

Ma come nasce tutto questo ambaradan? Torniamo indietro di tre mesi: nel novembre scorso filtra l’indiscrezione che la JP Morgan sta lavorando alla formazione di un colosso delle autostrade mettendo insieme Aspi e Astm in una holding controllata pariteticamente da Cdp, Gavio e Blackstone, mentre potrebbero andarsene con una consistente liquidazione sia Macquarie sia Ardian. Lo spiffero arriva alla Stampa che pubblica un ben strutturato articolo. Blackstone smentisce: “Siamo e resteremo investitori a lungo termine in Aspi” dice il colosso finanziario a stelle e strisce, Macquarie getta acqua sul fuoco, Cdp tace e non se ne sente più parlare. Fino a oggi. Che cosa ha riportato in vita quel che sembrava uno dei tanti progetti ad alto potenziale strategico usciti dalla fertile mente di Vittorio Grilli che guida gli affari euro-mediterranei della banca americana? A questo punto dobbiamo gettare uno sguardo in Aspi e in Astm.

 

Il gruppo italiano tornato in mani pubbliche dopo il collasso del ponte Morandi e la liquidazione dei Benetton con 9 miliardi di euro, è impegnato in vasti programmi. L’amministratore delegato Roberto Tomasi ha lanciato un’ambiziosa strategia all’insegna della smart highway, l’autostrada che diventa più verde riducendo il massiccio inquinamento che deriva dal traffico su ruote, e più digitale, un processo parallelo che richiede grande impiego di denaro. Nello stesso tempo Aspi si sta impegnando in un massiccio programma di mantenimento e ampliamento, per colmare il divario accumulato in tanti anni di investimenti insufficienti. Ciò significa che gli azionisti pubblici e privati debbono essere in grado di spendere anche a costo di ridurre o rinviare i guadagni e facendosi carico di debiti già molto alti. E qui cominciano i problemi. Né Blackstone né Macquarie sono speculativi, ma sono pur sempre fondi e di fronte alla eventualità di rinunciare a una parte dei dividendi oggi per eventuali maggiori dividendi futuri puntano i piedi. E’ quel che sta accadendo, secondo alcune fonti, già adesso in vista della formazione del prossimo bilancio. La Cdp ha una diversa ragion d’essere, però le è proibito mettere a rischio il risparmio postale al quale attinge. La scorciatoia è aumentare le tariffe, ma sarebbe impopolare. Il governo non vuole e teme di trovarsi in una posizione tipo Benetton. La paura inoltre è che una rete autostradale ormai invecchiata possa, non sia mai, rischiare nuove catastrofi tipo ponte Morandi. Aggiungiamo la voglia di mettere a segno operazioni eclatanti ed efficaci nella comunicazione politica, coinvolgendo grandi imprenditori privati insieme a un rinnovato capitalismo di stato (vedi Ilva o Alitalia), mescoliamo il tutto e può venir fuori una spessa e abbondante maionese. Altro che il futuro Ponte sullo Stretto di Messina, bandiera di Matteo Salvini, il campione delle autostrade è un progetto concreto e senza costi immediati per i contribuenti. 

Ma qual è l’interesse del Gruppo Gavio? Dopo la morte nel 2009 del mitico Marcellino le redini sono passate a suo figlio Beniamino amante dello sport a cominciare da quelli acquatici o dal basket, e della nautica, la sua grande passione: alla guida dei cantieri navali Baglietto vuol rilanciare il made in Italy anche sul mare. Il volume d’affari della Astm sfiora i 4 miliardi di euro con un indebitamento di 6 miliardi 222 milioni al primo semestre 2023. Gavio è uno dei primi al mondo con 6.700 chilometri soprattutto in Brasile e in Gran Bretagna perché in Italia sono 1.460 rispetto ai tremila dell’Aspi. Ha mantenuto una buona posizione nelle costruzioni anche se ha subìto una cocente sconfitta nel 2011 quando Salini gli ha strappato l’Impregilo, controllata insieme a Benetton e Ligresti.

La piramide di Tortona (sede del gruppo) vede in cima una srl di famiglia chiamata Aurelia che controlla la Argo Finanziaria alla quale fanno capo la Appia Immobiliare e la Finco con le società edili Codelfa, Itinera e quelle che si occupano di costruzioni stradali. Perché uno dei business dei Gavio è proprio avere sia le strade sia le aziende che le riparano. Alla Argofin fanno capo i cantieri navali (Baglietto, Cerri, Bertram). Non manca l’energia (gruppo Cie) né la finanza con le assicurazioni e una società di brokeraggio. La famiglia Gavio è anche azionista della Mediobanca oltre che delle Generali, ma s’è tenuta fuori dalle battaglie ingaggiate da Del Vecchio e Caltagirone. 

 

Infrastrutture e concessioni sono nella Astm. Si dice che le autostrade siano un bancomat, per questo tutti le vogliono, ma costa moltissimo mantenerle. Nel 2018 Gavio sottoscrive un accordo con Ardian per sostenere gli investimenti e alleggerire il peso del debito. Tre anni dopo in piena pandemia la famiglia e il fondo si comprano il resto delle azioni e tolgono l’Astm dalla Borsa. L’intreccio con Ardian diventa sempre più stretto, quindi appare strano che possa uscire di scena. Ma le incognite nel grande progetto autostradale non mancano. Secondo molti analisti, Gavio deve trovare un qualche nuovo sbocco in Italia dove, tra l’altro, ha perso recentemente la concessione per la tangenziale di Torino, la A4 e la A5 Torino-Aosta. Astm e Aspi hanno macinato profitti con la ripresa post pandemia, però sommando i loro debiti si arriverebbe quasi a 15 miliardi di euro circa due volte il fatturato congiunto. C’è poi l’Antitrust: un’eventuale fusione non lascerebbe che le briciole: Toto in Abruzzo, il Brennero in mano al Trentino-Alto Adige e poco altro. E, ultima non per importanza, la questione chiave di tutte le fusioni industriali: chi comanda?

 

Riprendiamo il nostro racconto dall’inizio. Che c’entra Palenzona? I rapporti con Marcellino Gavio, anche se talvolta tumultuosi, lo avevano portato alla presidenza della Impregilo. Ma il politico trasformatosi in banchiere è un rainmaker,  un uomo della pioggia come gli americani chiamano chi trova sempre nuovi affari. Non ha mai smesso di occuparsi di infrastrutture e trasporti, dai camion agli aeroporti di Roma con i Benetton. Ha annunciato che con la Fondazione Crt (Cassa di risparmio di Torino) ha il 2 per cento delle Generali e resta in Unicredit a sostegno dell’ad Andrea Orcel. Paolo Cirino Pomicino dice che Palenzona c’entra e come anche nel grande progetto autostradale. E vuole entrare in Cdp. Ha appoggiato per la presidenza dell’Acri Giovanni Azzone il quale, però, scade tra un anno così potrebbe prendere il suo posto. Intanto sembra che intenda condurre al vertice della Cassa Gaetano Miccichè come presidente al posto di Giovanni Gorno Tempini, ma deve convincere Giuseppe Guzzetti che, anche senza più incarichi formali, resta il carismatico leader delle fondazioni bancarie azioniste di minoranza alle quali spetta la presidenza della Cdp. Speculazioni, voci fuori scena? Lo si vedrà presto, con il prossimo giro di nomine. E prima ancora con il risiko delle autostrade.

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