(foto Ansa)

l'intervista

Boeri spiega cos'hanno sbagliato i governi sul Pnrr. E promuove Meloni su legge di Bilancio e pensioni

Luciano Capone

L'economista da oggi in libreria con un nuovo libro scritto con Roberto Perotti: "Sul Superbonus sono tutti colpevoli, anche Draghi. La Manovra? E' senza ambizioni, ma in continuità con chi c'era prima"

“E’ paradossale, tre anni fa sembrava il regno dell’abbondanza, con i titoloni su Conte che tornava da Bruxelles con centinaia di miliardi… e ora si raschia il fondo del barile” dice Tito Boeri, che proprio oggi esce con un libro scritto con Roberto Perotti (“Pnrr. La grande abbuffata”, Feltrinelli) che parla dei rischi legati alla “scommessa” Next Generation Eu. Naturalmente, dice Boeri al Foglio, se le ristrettezze ora sono reali era “illusoria l’impressione di abbondanza degli anni passati. Quelle del Pnrr sono risorse in gran parte prese a prestito, vincolate a investimenti e su cui c’è un problema di capacità di spesa”. I partiti poi hanno presentato in campagna elettorale programmi che non consideravano gli impegni del Pnrr. “E’ stata un’illusione, svanita con l’aumento dei tassi, Ma era un messaggio sbagliato in partenza”. Era la stagione del gratuitamente.

 

Proprio il Superbonus, misura simbolo di un’ubriacatura generale che ora sta scaricando il suo pesante costo sul bilancio pubblico, è indicata dall’economista della Bocconi come esempio dei limiti del piano italiano. “Il fatto che il Pnrr abbia contribuito a finanziarlo per 16 miliardi è molto indicativo: è stato fatto perché c’erano ritardi ed era un modo rapido per spendere i tanti soldi europei. Ma così quei  16 miliardi hanno ridato fiato a una misura che doveva essere subito ridimensionata. E’ sorprendente che la Commissione europea non abbia sin dall’inizio posto in guardia l’Italia, date le incompetenze che c’erano all’epoca al governo e l’attenzione al debito che dovrebbe esserci”. Quale governo dei tre coinvolti ha maggiore responsabilità sui problemi del Pnrr? “Tutti e tre. Conte ha peccato di ingordigia nel chiedere tutti i fondi; Draghi aveva la possibilità di bloccare questa euforia e ridimensionare il piano o chiedere tempi più lunghi; Meloni ha perso tempo per revisioni di buon senso ma alla fine ha aumentato la dimensione del piano, tagliando alcuni capitoli fondamentali come l’emarginazione sociale e le periferie”.

 

L’altro paradosso, visibile nel dibattito pubblico, è che l’Italia per anni si è lamentata dei vincoli che impedivano di fare gli investimenti e ora che c’è il Pnrr la discussione politica è tutta concentrata sulle misure e sui margini di spesa corrente. “E’ sempre così – dice Boeri – perché la spesa corrente è più facile da fare, la si organizza nei tempi della politica che sono immediati. Gli investimenti, invece, richiedono più tempo e un minimo di programmazione. Però in generale sono contrario alla demonizzazione della spesa corrente, che se ben calibrata è molto importante. Come non è affatto detto che la spesa per investimenti sia sempre buona, come dimostra proprio la parabola dei bonus edilizi”. 

 

Boeri non è certo un simpatizzante della destra. Per questo ha in parte sorpreso nei giorni scorsi un articolo scritto con Perotti su Repubblica, di cui i due sono editorialisti, che in contrasto con la linea del giornale esprimeva un giudizio tutto sommato positivo, quantomeno non negativo, della legge di Bilancio del governo Meloni. “Voleva essere semplicemente un richiamo all’obiettività di giudizio – dice Boeri al Foglio –. E’ una manovra piccola, senza grandi ambizioni, che fa poco. Ma quel poco che fa è in continuità con il governo Draghi, ed è strano che chi elogiava le misure di Draghi ora attacchi queste”. Quali sono le cose positive? “Il taglio del cuneo, chiaramente è un limite che sia solo per un anno e avrebbe avuto un impatto maggiore se fosse stato strutturale, ma era a termine anche prima. Ogni volta lo si proroga per un anno, gettando il cuore oltre l’ostacolo, quasi nel tentativo di legarsi le mani per l’anno dopo. Anche quest’anno è andata così. E’ più brutto che si faccia la stessa cosa con quell’abbozzo di riforma dell’Irpef”. E poi? “Tutta la parte sulle pensioni. Lì Meloni fa meglio di Draghi. E’ vero che c’è una discussione in corso ma mi sembra di capire, che sia Quota 104 o 103, che il passaggio viene accompagnato a un ricalcolo contributivo. E’ un’operazione più dura, ma che va nella direzione giusta: se vai in pensione prima, prendi un importo inferiore. E’ un segnale importante”.

 

Le cose negative? “Il pagamento di 2 mila euro a carico di alcune categorie di immigrati regolari extracomunitari per iscriversi al Sistema sanitario, è una norma vessatoria. Un’altra è l’esclusione dei titoli di stato dall’Isee, una misura iniqua. E’ stato tagliato il Rdc perché non c’erano i soldi e ora si consente di accedere alle prestazioni sociali a persone che hanno patrimoni in Btp?”. Per l’ex presidente dell’Inps questi bonus “per la famiglia e la natalità” segnalano un problema di fondo: hanno uno scopo comunicativo, ma sono inefficaci. “Ogni volta si piantano bandierine. Ma per affrontare il problema demografico le agevolazioni devono essere indirizzate alle famiglie numerose e devono strutturali, reiterate nel tempo, l’esperienza francese insegna che bisogna andare avanti per decenni per vedere dei risultati”.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali