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La politica estera dell'Unione europea è limitata dall'energia

Luciano Capone

Il Qatar e l'Algeria filo Hamas, l'Azerbaigian della pulizia etnica e l'Arabia Saudita di Mbs, questi sono i principali fornitori di gas e petrolio. È difficile per l'Occidente avere una politica estera ed energetica moralmente lineare: deve scegliere tra i “cattivi” in base alla priorità della minaccia

Ieri il Qatar, uno dei principali sostenitori e finanziatori di Hamas, ha firmato con la Francia uno dei suoi più importanti accordi commerciali: QatarEnergy, il colosso energetico dell’emirato, fornirà fino a 3,5 milioni di tonnellate di gas naturale liquefatto (Gnl) all’anno per i prossimi 27 anni a TotalEnergies, la principale società energetica francese. Questo accordo di lungo termine rafforza il regno di al Thani come protagonista del mercato globale del gas e come fornitore chiave dell’Ue. 

 

Il Qatar, che ospita il leader di Hamas Ismail Haniyeh e che dopo il massacro di oltre 900 civili israeliani ha indicato Israele unico responsabile dell’escalation di violenza in Palestina, è infatti diventato uno dei principali fornitori dell’Unione europea di Gnl, che è diventato una delle principali alternative al gas russo dopo l’invasione dell’Ucraina. Doha è infatti uno dei tre grandi esportatori globali di Gnl con 108,5 miliardi di metri cubi (bcm) nel 2022, insieme agli Stati Uniti (108 bcm) e dopo l’Australia (110,6 bcm): nell’ultimo trimestre del 2022, il Qatar è stato dopo gli Stati Uniti il secondo fornitore di Gnl dell’Unione europea con una quota del 16% (in aumento del 37% su base annua).

 

Non va meglio con l’Algeria, l’altro paese che ha dato una grossa mano a sostituire tramite il gasdotto Transmed la chiusura del flusso da Mosca: Algeri, mentre ancora era in corso il massacro dei terroristi di Hamas e la conta delle vittime e dei sequestrati israeliani, ha immediatamente espresso “piena solidarietà per il popolo palestinese”. Eppure l’Algeria, con cui lo scorso anno il governo Draghi attraverso l’importante ruolo dell’Eni ha siglato importanti accordi di lungo termine, è un tassello fondamentale della strategia italiana ed europea di indipendenza energetica dalla Russia. Già lo scorso anno l’Algeria, con un incremento dell’11% delle esportazioni, è diventato il primo fornitore di gas dell’Italia.

 

Quanto sia complicata la dipendenza energetica dell’Unione europea è stato chiaro con la crisi del Nagorno-Karabakh, che l’Azerbaijan ha improvvisamente “risolto” con una pulizia etnica nei confronti della popolazione armena e cristiana: i paesi europei sono rimasti immobili, perché l’Azerbaijan è uno dei principali esportatori di gas e petrolio (Baku per l’Italia è il primo fornitore di greggio e il terzo di gas, attraverso il gasdotto Tap). Senza l’incremento del flusso dall’Azerbaijan, la guerra del gas contro Putin sarebbe stata molto più dura.

 

La situazione è complicata non solo per l’Europa, ma anche per un grande paese produttore di fonti fossili come gli Stati Uniti. Proprio in questi giorni Washington sta discutendo con il Venezuela per un ulteriore allentamento delle sanzioni che consenta a un’altra compagnia petrolifera straniera dopo Chevron di rilanciare l’estrazione di greggio. Formalmente si tratta di un negoziato per rilanciare il dialogo con l’opposizione affinché il regime di Maduro – autocrate alleato di Putin e dell’Iran degli ayatollah – organizzi elezioni presidenziali democratiche, ma in realtà l’occhio dell’Amministrazione Biden è sulle elezioni presidenziali americane e sul prezzo del petrolio troppo elevato che può far vincere Trump. Allo stesso scopo, e anche per arrivare allo storico Accordo di Abramo tra Israele e Arabia Saudita, Biden ha riallacciato i rapporti con il principe Mohammed bin Salman. Questo riavvicinamento è costato a Biden tante legittime critiche per aver dimenticato l’assassinio del giornalista Khashoggi, ma Biden ha bisogno che Riad tenga basso il prezzo del greggio. Dopo le sanzioni a Russia, Iran e Venezuela non ci sono molte alternative.

 

È difficile per l’occidente, e per l’Europa ancora di più, avere una politica estera ed energetica moralmente lineare. Purtroppo è necessario, tra i tanti regimi autocratici fornitori di energia, scegliere tra i “cattivi” in base alla priorità della loro minaccia alla nostra sicurezza e alla stabilità internazionale. L’Europa non può tagliare i rapporti con tutti perché non può essere indipendente, ma potrà affermare tanto più i propri valori quanto meno sarà dipendente. E’ un obiettivo strategico che va perseguito con convinzione, sapendo che è un percorso fatto di compromessi e ipocrisie.

 

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali