il monito

La Banca d'Italia dice che la “prudenza” di Giorgetti è poca

Luciano Capone

Ignazio Visco avverte che l’“ottimismo” alla base della manovra espansiva del governo può essere un azzardo. I rischi globali sono elevati e per un paese indebitato come l'Italia essere prudenti non basta: serve "estrema prudenza"

“In un contesto così fragile è importante che la politica di bilancio sia condotta con estrema prudenza. Scelte percepite come non pienamente in linea con l’obiettivo della sostenibilità dei conti pubblici potrebbero inasprire le condizioni di finanziamento, già restrittive, acuendo le incertezze sugli sviluppi macroeconomici”. Con il suo solito understatement, la Banca d’Italia segnala al governo che c’è poco da stare tranquilli: nello scenario attuale di profonda incertezza, sia per le tensioni geopolitiche globali sia per gli ampi deficit fiscali su entrambe le sponde dell’Atlantico, gli investitori potrebbero iniziare a dubitare sul percorso di finanza pubblica di un paese fortemente indebitato come l’Italia.

 

Non c’è un’accusa al governo di attuare una politica fiscale irresponsabile o di fare previsioni irrealistiche, anzi la banca centrale dice che le stime sulla crescita per il 2024-25 giudicate da molti osservatori eccessive sono anche “verosimili”. C’è, però, una diversa valutazione del contesto. Lo scenario programmatico del governo è credibile se tutto va bene, ma sono molti i fattori che fanno presagire il contrario. “Il quadro macroeconomico prefigurato nella Nadef è nel complesso plausibile anche se leggermente ottimistico”, dice in audizione il capo del Dipartimento economia e statistica di Via Nazionale, Sergio Nicoletti Altimari. Soprattutto alla luce delle varie crisi internazionali: “I rischi che gravano sull’attività economica sono elevati e orientati al ribasso. Le tensioni geopolitiche – legate sia al conflitto in Ucraina sia ai feroci attentati dei giorni scorsi in Israele – generano forte incertezza circa le prospettive di crescita”. E alle crisi geopolitiche, possono aggiungersi l’indebolimento dell’economia cinese alle prese con i suoi problemi strutturali e, nell’area euro, gli effetti sul credito della stretta monetaria attuata dalla Bce per contrastare l’inflazione.

 

La Banca d’Italia avverte, insomma, che l’“ottimismo” del governo può essere un azzardo. La distinzione sulla sottovalutazione dei rischi che corre il paese la si può notare nel fatto che il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti rivendica costantemente la “prudenza” della sua politica di bilancio, mentre la Banca d’Italia suggerisce “estrema prudenza”. Quasi a dire che il governo sarà pure prudente, ma forse non lo è abbastanza visti i rischi che si trova di fronte l’Italia con un rendimento dei titoli di stato che è arrivato al 5%. “L’elevato rapporto tra il debito pubblico e il pil è un serio elemento di vulnerabilità – dice la Banca d’Italia – riduce gli spazi di bilancio per fare fronte a possibili futuri shock avversi; espone il paese al rischio di tensioni sui mercati finanziari; aumenta il costo del debito per lo stato, e in ultima analisi per le famiglie e le imprese”.

 

Il messaggio, in un linguaggio tecnico, è lo stesso che ha lanciato il governatore Ignazio Visco nell’intervista di domenica al Financial Times in cui ha esortato il governo Meloni a placare le tensioni sui mercati e le preoccupazioni degli investitori sul debito italiano, mostrando da un lato “una visione del piano di crescita a lungo termine” del paese e dall’altro con “un’azione a breve e medio termine per quanto riguarda gli squilibri fiscali”. In sostanza, ciò che si chiede al governo è da un lato accelerare sull’attuazione delle riforme e del Pnrr che sono la leva principale per aumentare la crescita e il pil potenziale; dall’altro dare delle rassicurazioni immediate sulla sostenibilità del debito prevedendo una riduzione del deficit e quindi un ritorno più veloce all’avanzo primario.

 

Il governo, in un anno pre elettorale, ha impostato una manovra espansiva pro-ciclica: così nel prossimo triennio, il debito pubblico che è al 140% – in assenza di shock negativi – non scenderà più di 1,7 punti ma di appena 0,6 punti, sempre che il governo riuscirà ad attuare l’inverosimile piano di privatizzazioni pari a 1 punto di pil. Questa è la “prudenza” di Meloni e Giorgetti. Il rischio, però, è che – come mostrano le tensioni dei mercati sullo spread – gli investitori possano votare prima degli elettori italiani alle europee, vendendo i nostri titoli di stato. A quel punto, è l’avvertimento della Banca d’Italia e di Visco, il governo si troverebbe costretto a dover fare aggiustamenti fiscali più duri in un contesto negativo.

 

È in sostanza la differenza tra l’asserita “prudenza” del governo, che consiste nel fare ancora politiche espansive rinviando l’aggiustamento a dopo il 2026, e l’“estrema prudenza” che invece servirebbe a un paese indebitato come l’Italia.

 

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali