il piano del governo

I problemi tecnici, ma anche finanziari, del ministro Musumeci nei Campi Flegrei

Mariarosaria Marchesano

Il rischio sismico è la nuova emergenza nazionale con cui deve confrontarsi il governo. Il ministro per la Protezione civile ha annunciato un decreto legge ad hoc. Il piano d’evacuazione di Napoli, la vulnerabilità, i costi e tempi

Se ne parla ancora poco, ma come affrontare il rischio sismico dei Campi Flegrei è la nuova emergenza nazionale con cui dovrà confrontarsi il governo Meloni. Dopo l’ultima scossa di lunedì sera, avvertita in modo nitido anche nel centro di Napoli, il ministro per la Protezione civile, Nello Musumeci, ha annunciato l’arrivo di un decreto legge ad hoc e di aver chiesto alla commissione Grandi Rischi, alla cui presidenza si è appena insediato Eugenio Coccia, studioso di astronomia e astrofisica, di essere aggiornato su quello che la comunità scientifica pensa della situazione nell’area a rischio. Di quale legge si tratta? Conterrà le misure urgenti di prevenzione per il bradisismo, compresa l’analisi della vulnerabilità degli edifici messi alla prova da uno sciame incalzante.

  

Attualmente esiste un piano per il rischio vulcanico il cui ultimo aggiornamento risale a luglio 2016 (Dpcm a cura del dipartimento della Protezione civile del governo Renzi) e che, attraverso un sistema di “gemellaggio” con le regioni italiane, prevede l’evacuazione di 500 mila persone. Per cui, tanto per fare qualche esempio, gli abitanti di Pozzuoli verrebbero ospitati in Lombardia, quelli di Bacoli in Umbria e nelle Marche, del quartiere Posillipo in Sardegna e quelli dell’Arenella in Veneto. In quali alloggi, e se e come le regioni di accoglienza si stanno attrezzando nell’eventualità, è arduo da appurare: intanto, però, almeno sulla carta, l’iter è stato delineato. Mancano, invece, del tutto le disposizioni su come intervenire nel caso in cui ci fosse un’escalation del bradisismo, anche se, francamente, si fa fatica a comprendere la differenza in termini di logistica dell’evacuazione (scusi, lei sta lasciando casa per l’eruzione del vulcano o per il terremoto?).

  

Questioni di coperture finanziarie rendono, però, indispensabile avere delle leggi differenziate per garantire operazioni che hanno dei costi per lo stato: visto che, in caso di eruzione, il Dpcm del 2016 ha previsto dei contributi pubblici per chi è costretto a spostarsi dalle zone a rischio. Musumeci si trova così nelle condizioni di battere cassa con il governo nel bel mezzo di una difficile manovra economica per garantire l’efficacia del suo piano che deve dare una risposta alla grande questione che si sta ponendo delle perizie sugli edifici, soprattutto residenziali. Quand’anche, come tutti si augurano, la crisi sismica dovesse andare scemando, com’è accaduto negli anni Ottanta, sono migliaia gli immobili che andranno verificati. Saranno ancora sicuri? Fino a che punto possono resistere? Ebbene, questo tipo di accertamento si chiama verifica di vulnerabilità, cosa diversa da quella di agibilità che è stata messa in atto ieri nella zona di Agnano dove la Protezione civile locale ha sgomberato alcuni nuclei familiari da un complesso immobiliare perché esiste il sospetto che la scossa di lunedì lo abbia già danneggiato in modo da renderlo non più abitabile.

   

Tutt’altro discorso è capire quanto un immobile sia capace di resistere a un terremoto e fino a quale magnitudo. Sono migliaia le famiglie che si stanno ponendo questa domanda nei Campi Flegrei e in buona parte della zona occidentale di Napoli. Quello che nelle stanze del ministero della Protezione civile si sta cercando di verificare è fino a che punto si possa fare appello al principio della responsabilità personale per incoraggiare i cittadini a provvedere di tasca propria alle perizie tecniche. Tradotto: è stata una scelta consapevole quella di abitare in un’area a rischio sismico e se adesso voglio sapere in tempi brevi se la mia casa è sicura non posso pretendere che ne paghi le spese lo stato.

 

Un discorso molto rischioso da sostenere pubblicamente per il governo in un paese come l’Italia in cui il rischio sismico è diffuso. Perciò Musumeci tenterà, nei limiti del possibile, di mantenere la promessa fatta ai sindaci dell’area flegrea nei giorni scorsi di trovare finanziamenti per coprire anche solo in parte il costo di queste operazioni che, d’altra parte, rischiano di essere un numero spropositato e poco sostenibile per le risorse di cui la Protezione civile dispone.

 

Anche perché c’è un altro capitolo per il quale bisogna trovare le coperture: le vie di fuga. I sindaci della zona flegrea stanno esprimendo dubbi sull’applicabilità dei piani, considerato anche che i test sono fermi al 2019 e che molte strade avrebbero bisogno di interventi di manutenzione per trasformarsi in corridoi di salvezza in caso di necessità. E poi il dubbio più grande a cui neanche gli scienziati e vulcanologi sanno dare una risposta: qual è esattamente il momento per cominciare un’evacuazione di massa?

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