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le considerazioni finali

I suggerimenti e le critiche di Visco al governo Meloni

Luciano Capone

Appoggio ai due perni della politica dell'esecutivo: sostegno all'Ucraina e politica di Bilancio. Ma il governatore della Banca d'Italia dice alla destra di superare alcuni tabù: Mes, salario minimo, immigrazione, produttività e Pnrr

Al termine delle sue ultime considerazioni finali, Ignazio Visco precisa, citando il primo governatore della banca centrale Bonaldo Stringher, che i giudizi e le valutazioni della Banca d'Italia hanno “l’intento esclusivo, in comune, non in dissidio, con lo stato, ‘di migliorare le condizioni dell’attività nazionale e di migliorarne le sorti’”. È con questo spirito, rivendicato nei 12 anni di mandato, che si possono leggere in controluce i suggerimenti e le critiche alla politica del governo. Nel discorso del governatore  c’è una sostanziale approvazione di due scelte di fondo del governo guidato da Giorgia Meloni: il sostegno all’Ucraina e la politica di bilancio prudente. Ma anche diverse critiche, o motivi di frizione, su diverse scelte di politica economica.

 

Sull’invasione dell’Ucraina, un tema insolito per le considerazioni finali del governatore della Banca d’Italia, Visco ha usato parole molto nette e non di circostanza di “condanna della violazione eclatante della sovranità e dell’integrità territoriale di una nazione libera”, contro un’invasione “inconcepibile alla luce delle lezioni della storia del nostro Novecento e inaccettabile per la violazione dei basilari princìpi di diritto internazionale”. Una perfetta sovrapposizione con la linea di Meloni, che è poi la stessa dell’Unione europea e della Nato. L’altra convergenza con il governo, in particolare con il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, riguarda “il mantenimento di una gestione prudente delle finanze pubbliche”, che in sostanza vuol dire in questa fase di crescita superiore alle aspettative “un ritorno a significativi avanzi primari, come quelli programmati nell’ultimo Documento di economia e finanza”, in modo da poter tenere sotto controllo l’elevato debito pubblico e la crescente spesa per interessi.

 

Al sostanziale appoggio sui due perni della politica del governo Meloni, nel suo discorso Visco introduce però anche diverse critiche, stimoli e osservazioni in contrasto con la retorica e l’azione dell’esecutivo. Un punto sollevato è la ratifica della riforma del Mes, tema sul quale Meloni e il ministro Giorgetti cincischiano da troppi mesi, che consentirà di fornire “una rete di sicurezza finanziaria (backstop) al Fondo di risoluzione”.

 

Sul lavoro, Visco  fornisce un potenziale assist alle opposizioni, con un’indicazione di policy a favore del salario minimo che “può rispondere a non trascurabili esigenze di giustizia sociale”. Sul tema il governatore è però molto vago, nel senso che non indica una soglia di riferimento in base al salario mediano (il 60% come indica la Commissione europea o l’80-90% come propongono M5s e Pd?) ma dice solo genericamente che va “definito con il necessario equilibrio”. Questa vaghezza, però,  non aiuta a fare passi in avanti dato che il governo è contrario al salario minimo e le opposizioni propongono soglie non proprio equilibrate. 

 

Sulla crisi demografica, Visco dice che il calo della popolazione può essere mitigato da un aumento del tasso di occupazione e da un allungamento dell’età lavorativa (altro che Quota 41!), ma è comunque necessario “un aumento del saldo migratorio”, anche perché le politiche per la natalità, per quanto auspicabili, produrrebbero effetti “solo nel lunghissimo periodo”. Insomma, la retorica della destra fatta di pensionamenti anticipati e blocco dell’immigrazione si scontra con l’inesorabile realtà dei numeri.

 

Un altro tema a cui Visco dedica molte parole è il numero eccessivo di “piccole e piccolissime imprese, a proprietà e gestione familiare” che in settori come le costruzioni, il commercio e le professioni “registrano tassi di crescita della produttività decisamente modesti, se non addirittura negativi”. Questa è una constituency elettorale che Meloni coccola, con parole indecorose (tipo quelle su evasione e “pizzo di stato”) e agevolazioni come la flat tax per gli autonomi. Visco sostiene che per modernizzare il paese e aumentare la produttività, il vero problema strutturale dell’economia, si deve fare il contrario: “Superare gli ostacoli e i disincentivi alla crescita dimensionale” delle imprese.

 

Un ultimo appunto riguarda il Pnrr: “Miglioramenti sono possibili”, dice, ma “nel perseguimento di eventuali modifiche bisogna tenere conto del serrato programma concordato con le autorità europee”. Quindi sì a un confronto costruttivo con la Commissione, ma il messaggio principale per il governo è: “Non c’è tempo da perdere”. Anche perché significherebbe perdere un’occasione storica: “Il Pnrr rappresenta un raro, e nel complesso valido, tentativo di definire una visione strategia per il paese”, che non riguarda solo la capacità di spendere ma soprattutto “l’attuazione dell’ambizioso programma di riforme, da troppo tempo attese”.

 

Il governo può sempre ignorare le osservazioni di Visco dicendo che sono politicamente motivate, ma farebbe meglio a tenerle in considerazione se vuole “migliorare le condizioni dell’attività nazionale”.

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali