Il caso

Falla Superbonus. Le responsabilità della Ragioneria e del governo

Luciano Capone

Il Ragioniere dello stato Mazzotta dice che "è fondamentale fare valutazioni ex ante", dopo aver cannato di 45 miliardi le previsioni di spesa. I bonus edilizi costeranno 22 miliardi l'anno fino al 2026: la politica fiscale del governo Meloni è ipotecata

“Dotarsi di modelli di valutazione ex ante dell’impatto è fondamentale”. Le parole del Ragioniere dello stato Biagio Mazzotta, in chiusura dell’audizione sugli effetti dei bonus edilizi, sono apparse quasi banali. Ma sono una delle lezioni più importanti del disastro del Superbonus. Lo scopo era sicuramente lanciare un avvertimento alla politica (“con la scarsità di risorse e il nuovo Patto di stabilità ci sarà da faticare parecchio per stare nei termini”), ma si è trattato, a suo modo, anche di un’autocritica della Ragioneria per le previsioni cannate.

 

Secondo la relazione del ministero dell’Economia presentata alla commissione Bilancio della Camera, infatti, nelle valutazioni ex ante riportate nelle relazioni tecniche – bollinate dalla Ragioneria dello stato – tutti i bonus edilizi dal 2020 sarebbero dovuti costare 71 miliardi di euro. Ma mentre tutti i crediti fiscali tradizionali (ristrutturazione, ecobonus, bonus verde) hanno confermato le aspettative, la spesa del Superbonus e del Bonus facciate è esplosa: “La differenza tra le stime ex ante e gli oneri aggiornati ex post sulla base delle informazioni più recenti per l’intero periodo 2020-2035 delle agevolazioni relative al c.d. Superbonus e al Bonus facciate risulta pari a 45,2 miliardi di euro”. Si prevedeva un costo di 71 e invece il conto è di 116 miliardi. Si tratta di un errore abnorme, oltre 2 punti di pil. Come è stato possibile?

 

Probabilmente, la Ragioneria dello stato nelle sue previsioni ha considerato i dati e l’evoluzione dei vecchi ecobonus, ampliandone proporzionalmente il costo per l’aumento del credito dal 65% al 110%. Ma il Superbonus era un “mostro” completamente diverso: perché il mix dell’agevolazione superiore al 100% e dello sconto in fattura con cedibilità del credito fiscale ha cambiato completamente la struttura degli incentivi, facendo esplodere la spesa. È come se la Ragioneria avesse stimato la velocità di un tir a cui si dà un po’ più di gas, senza però considerare che non avrebbe viaggiato più in pianura ma in discesa e senza freni. Il botto è stato devastante e si vede chiaramente nel bilancio pubblico. Anche se forse la politica non ne è pienamente consapevole.

 

Ma basta guardare una tabella, contenuta dal Mef nella relazione presentata alla Camera, per rendersene conto. È quella che misura l’impatto dei bonus edilizi (all’85-90% Superbonus e Bonus facciate) sul fabbisogno: 18,6 miliardi nel 2023; 22 miliardi nel 2024; 23,6 miliardi nel 2025; 24,5 miliardi nel 2026 (poi il costo scende notevolmente a 7 miliardi fino ad azzerarsi nel 2035). Si tratta di cifre notevoli, circa 22 miliardi ogni anno (oltre 1 punto di pil) nel periodo 2023-2026, quello in cui si concentrano le rate del Superbonus. Quasi due terzi di una legge di Bilancio, se si considera che le ultime due leggi di Bilancio ammontavano a circa 35 miliardi. In pratica, la politica fiscale del governo Meloni – che pure ha promesse e programmi ambiziosi – è ipotecata per tutta la legislatura, anche perché nel frattempo entrerà in vigore il nuovo Patto di stabilità. Il peso di questa politica immobiliare introdotta dal governo Conte (ministro dell’Economia Gualtieri) è d’altronde visibile sul debito pubblico che scende a un ritmo quasi impercettibile. E, anzi, secondo le previsioni contenute nel Def tornerà a crescere già nel 2025 se la crescita nominale si fermerà al 3% e la crescita reale sarà inferiore all’1%.

 

Questo enorme macigno ha certamente prodotto (e come poteva essere altrimenti?) un beneficio sulla crescita, ma come ha sinteticamente affermato il direttore generale del Tesoro Riccardo Barbieri “resta il fatto che il costo della misura lo eccede di gran lunga”. Per metterla in numeri, l’impatto macroeconomico del Superbonus e del Bonus facciate sulla crescita è stato, secondo il Mef, +1,2% nel 2021, +0,7% nel 2022 e sarà negativo nel 2023: -1% (anche se su quest’ultimo dato Barbieri dice che il modello potrebbe essere troppo pessimista). Insomma, i numeri parlano da soli: il Superbonus è stato uno dei più grandi disastri fiscali della storia della Repubblica, probabilmente secondo solo alle baby pensioni.

 

Ed è stato un disastro nazionale e collettivo, con colpe ben distribuite. Pare che il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti sia entrato in contrasto con Mazzotta, anche per l’errata valutazione ex ante della Ragioneria sul Superbonus. Ma le forze di governo dovrebbero assumersi la loro parte di responsabilità, perché non si sono mai opposte al Superbonus né quando erano all’opposizione (come FdI) né quando erano al governo (come la Lega e FI). Anzi, non solo erano favorevoli, ma si sono strenuamente battute – a partire dalla premier Giorgia Meloni – contro chi come Draghi e il ministro Franco tentavano di fermare la follia del Superbonus. Se ora le leggi di Bilancio del governo Meloni sono ipotecate dal mutuo per pagare il Superbonus è anche responsabilità del centrodestra. Questo succede quando la politica non riesce a guardare non solo al lungo termine ma neppure oltre il proprio naso.

 

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali