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Editoriali

La Commissione europea contro il precariato pubblico dell'Italia

Redazione

Bruxelles invia a Roma un parere sull’abuso di contratti a tempo determinato e sulle discriminazioni rispetto all'età dei lavoratori

La Commissione europea ha minacciato di portare l’Italia davanti alla Corte di giustizia in una procedura di infrazione per l’abuso di contratti a tempo determinato e per le condizioni di lavoro discriminatorie nel settore pubblico. La notizia potrebbe passare inosservata, ma l’Italia è anche il paese in cui una parte consistente dei partiti di maggioranza e opposizione denuncia l’iperliberismo, il Jobs act, l’abolizione dell’articolo 18 e il flagello del precariato. Nel corso dell’ultimo ventennio quasi tutti questi partiti sono stati al governo. E, secondo la procedura di infrazione lanciata dalla Commissione, sono questi governi che hanno messo in opera una strategia di precarietà sistematica per alcuni lavoratori del settore pubblico, violando le regole europee.

 

La procedura di infrazione lanciata nel 2019 si basa su una direttiva del 1999. Le norme dell’Ue prevedono che i lavoratori a tempo determinato non godano di condizioni di lavoro meno favorevoli di quelle dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili. La legislazione italiana esclude da questa protezione diverse categorie di lavoratori del settore pubblico (insegnanti, personale sanitario, alta formazione artistica, musicale e coreutica, personale di alcune fondazioni musicali, personale accademico, eccetera). Secondo la Commissione, mancano misure per prevenire e sanzionare in modo sufficiente l’utilizzo abusivo di una successione di contratti a tempo determinato. Inoltre, l’Italia non ha predisposto garanzie sufficienti per impedire le discriminazioni in relazione all’anzianità. Il governo ora dispone di due mesi per rimediare alle carenze individuate dalla Commissione, altrimenti potrebbe essere deferita alla Corte di giustizia dell’Ue. Ma c’è da scommettere che partiti di destra, sinistra e sindacati continueranno a urlare contro il precariato nel settore privato, organizzando al contempo il settore pubblico più precario d’Europa.

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