(foto Ansa)

Salvataggio “italico” per Eurovita, altrimenti la palla passa a Urso

Mariarosaria Marchesano

Per la controllata dal colosso del private equity Cinven si profila un intervento del sistema assicurativo italiano. Ma se non dovesse avere successo tutto passerà nelle mani del ministro delle Imprese e del Made in Italy

Si profila un salvataggio da parte del sistema assicurativo italiano per la compagnia Eurovita, controllata dal colosso del private equity britannico Cinven. Eurovita è stata posta in amministrazione provvisoria dopo che l’Ivass, l’istituto che vigila sulle assicurazioni, aveva chiesto invano a Cinven di intervenire con un aumento di capitale ed era sfumata l’ipotesi di un compratore. Il 31 gennaio, l’Ivass ha sospeso gli organi societari e nominato un commissario straordinario: Alessandro Santoliquido, manager assicurativo con la fama di risanatore.

 

Ebbene, l’idea di Santoliquido è che vada assolutamente evitata una crisi di fiducia nel settore delle polizze vita di cui potrebbe risentire tutto il settore assicurativo e poi anche quello finanziario: Eurovita ha al suo attivo 413 mila polizze vita per un valore di 15 miliardi e un totale di 353 mila risparmiatori coinvolti. Numero che, in effetti, dovrebbero fare riflettere sulla necessità di trovare al più presto una soluzione, anche perché il mandato di Santoliquido scade il 31 marzo e se nel frattempo non succede nulla, le strade possibili per Eurovita sono solo due: l’amministrazione straordinaria e la liquidazione. In entrambi i casi il dossier finirebbe, per competenza, direttamente nelle mani del ministero delle Imprese e del made in Italy, guidato da Adolfo Urso. Una possibilità che si vuole scongiurare, naturalmente, ma con quali possibilità di riuscita? 

 

Qualche spiraglio si è aperto mercoledì con la decisione di Cinven di mettere sul piatto 100 milioni di euro, un segnale di apertura e di disponibilità a collaborare ma che non risolve il problema dal momento che il fabbisogno di capitale stimato è di almeno 400 milioni di euro. Chi ce li deve mettere gli altri? Va detto che è la prima volta che in Italia si verifica un caso del genere e la cosa sta cominciando a fare un certo rumore e anche suscitare rammarico nel mondo assicurativo per il fatto di dover correre in soccorso di una situazione determinata da un operatore estero che nel 2017 ha acquistato Eurovita dalla società d’investimenti americana Jc Flower, facendo una grande scommessa sull’Italia con l’ottica, però, tipica del private equity che è quella di capitalizzare l’investimento in tempi rapidi. Ma Cinven non aveva fatto i conti con la guerra in Ucraina che nel 2022 ha sconvolto i mercati provocando ingenti perdite nei portafogli di gestori e assicuratori, che hanno un po’ tutti accusato il colpo ma senza arrivare al punto di non ritorno di Eurovita. L’Ivass, infatti, ha dovuto sospendere momentaneamente le richieste di riscatto delle polizze da parte dei clienti perché stavano ulteriormente erodendo i coefficienti di solvibilità della compagnia assicurativa già messi a dura prova dalle minusvalenze registrate lo scorso anno a causa di una gestione del portafoglio d’investimenti che ha risentito dell’aumento dei tassi della Bce sui rendimenti dei bond sovrani della zona euro. E il paradosso è che a incidere di più non sono stati i Btp, il cui rischio era coperto da contratti di derivati, ma i titoli tedeschi e francesi. 

 

Ma tutto questo appartiene al passato perché adesso si sta ragionando sulle possibili soluzioni. L’approccio con cui sta lavorando Santoliquido è ad “ampio spettro” sullo stile dei salvataggi che si sono visti nel mondo bancario e questo per cercare di diluire al massimo il contributo pro quota da parte degli operatori. In assenza di un ulteriore intervento di Cinven e di un unico acquirente della compagnia, la soluzione allo studio sarebbe, infatti, quella di coinvolgere nell’operazione di salvataggio le banche e le reti che hanno distribuito le polizze Eurovita (tra le quali Fineco, Fideuram, Credem), nonché i principali operatori del settore assicurativo, che in Italia sono Generali, Unipol, Poste, Intesa SanpaoloVita. Ma non è detto che ci sia la disponibilità di tutti. Se alcuni operatori sono convinti della necessità di scongiurare una crisi di fiducia che nel settore delle polizze vita sarebbe deleteria, qualcun altro potrebbe non sentirsi in dovere di intervenire. E non è difficile comprenderne la ragione.

 

E’ come se Cinven avesse messo in atto nel business assicurativo italiano la vecchia massima della privatizzazione dei profitti e della socializzazione delle perdite, sperimentando a spese di altri un modello – quello di un private equity che acquisisce attività regolamentate con la distribuzione al pubblico di prodotti d’investimento – su cui in Europa si è aperta una riflessione critica.

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