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Un ripasso

Processo a Meloni. Quando FdI attaccava Draghi e lodava il Superbonus

Luciano Capone

L'accusa di alcuni esponenti del governo nei confronti dell'ex premier, reo di aver creato un buco nel Bilancio, ha il sapore del paradosso: l'argomento usato per criticarlo è lo stesso per cui il partito si batteva dall'opposizione

Sul Superbonus è in corso una singolare e alquanto spericolata operazione. I collaboratori più stretti di Giorgia Meloni veicolano la tesi che la responsabilità del buco di Bilancio prodotto dal Superbonus sia di Mario Draghi, colpevole di non aver fatto nulla. Si tratta di un surreale ribaltamento dei ruoli, dato che fino a poco tempo fa, quando Draghi provava a chiudere i rubinetti del Superbonus, in FdI erano sulle stesse posizioni di Conte mentre ora sono più draghiani di Draghi arrivando ad accusare l’ex presidente della Bce di essere stato peggio di Conte.

 

Si tratta di un’accusa che ha il sapore del paradosso, ma che fa affidamento sulla proverbiale memoria a breve termine degli elettori italiani. Perché sarà pur vero che Draghi e il ministro dell’Economia Daniele Franco, vista l’enormità dei danni provocati dal Superbonus sulle finanze pubbliche avrebbero dovuto fare di più. Ma il problema è che ogni volta che i due provavano a farlo, prima denunciando storture ed abusi e poi con vari decreti che puntavano ad aumentare i controlli per evitare le frodi e contenere la circolazione illimitata dei crediti, il partito di Giorgia Meloni era schierato dall’altra parte. In compagnia, peraltro, di molte forze di maggioranza – come il M5s e la Lega – che all’interno del governo si opponevano alla “stretta” di Draghi sui bonus edilizi. In pratica, contro la limitazione del Superbonus esisteva una maggioranza trasversale e FdI, dall’opposizione, era l’avanguardia più agguerrita.

 

Ora i collaboratori di Meloni accusano Draghi di aver colpevolmente fatto circolare una “moneta fiscale”, che era il prodotto della cessione dei crediti d’imposta. Ma è proprio ciò per cui FdI si batteva dall’opposizione, attaccando Palazzo Chigi. La filosofia dei patrioti era quella espressa l’11 novembre 2021 dall’attuale reggente del partito Giovanni Donzelli, che criticava il decreto Antifrodi del governo Draghi: “Fratelli d’Italia è favorevole al mantenimento del Superbonus, ma è un provvedimento che va sicuramente migliorato così come vanno semplificate le procedure per accedervi. Mettere tetti, limiti e cavilli scoraggia le persone”. Quindi se proprio la misura doveva essere modificata era per aprire ulteriormente il rubinetto della spesa, non per chiuderlo.

 

La posizione di Donzelli ottenne pochi giorni dopo, il 14 novembre, l’asseverazione di Giorgia Meloni: “Il governo Draghi complica ancora di più il Superbonus e introduce nuovi oneri e spese, estendendoli anche agli altri bonus in campo edilizio – dichiarò la premier –. Il Superbonus è uno strumento molto utile per rilanciare l’economia e sostenere un settore in difficoltà, fatto in gran parte da piccole e medie imprese, ma non può essere trasformato in un inferno di norme e burocrazia. Fratelli d’Italia presenterà le sue proposte alla manovra per tentare di porre rimedio a questa situazione e venire incontro alle esigenze di famiglie e imprese. La semplificazione deve essere la strada maestra da percorrere”. Linea Conte, insomma. Gratuitamente.

 

Quando poi a gennaio 2022, il governo Draghi intervenne per fermare la “moneta fiscale” introducendo dei vincoli alla cessione dei crediti, la reazione di FdI fu durissima. “Se fosse confermato quanto si apprende dalla bozza del decreto Sostegni licenziata dal Consiglio dei ministri e cioè la cedibilità per una sola volta del credito, il governo ha deciso di ammazzare il Superbonus 110”. Quando Draghi, a marzo 2022, mosse dure critiche al Superbonus e al meccanismo che produceva frodi e lievitazione dei costi, l’attuale presidente della commissione Finanze Marco Osnato accusò il premier: “L’intervento del ministro Franco in Aula è stato dovuto all’improvvida uscita del presidente del Consiglio circa le truffe sul Superbonus, in cui il presidente del Consiglio Draghi bocciò letteralmente la norma provocando l’imbarazzo dello stesso ministro in conferenza stampa”. Osnato si lanciò in una difesa del Superbonus con gli stessi identici argomenti, falsi, usati ora dal M5s contro il governo Meloni: “Se oggi il presidente del Consiglio si vanta di un 6 per cento di aumento del pil, lo deve al Superbonus”. La difesa del Superbonus da parte dei “patrioti” è continuata a lungo, fino a pochi mesi fa, chiedendo proroghe, rifinanziamenti e allentamento dei limiti. Per accusare ora Draghi di non aver fermato il Superbonus ci vuole una faccia di bronzo al 110 per cento.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali