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La legge di Bilancio c'è, ma le coperture no. Numeri

Lorenzo Borga

Sappiamo che la manovra interviene su circa 35 miliardi di tagli fiscali e maggiori spese. Per finanziarli, mancano all’appello circa 14 miliardi di euro, cioè ben il 40 per cento degli interventi 

"Prudente, responsabile e sostenibile”. Così era stata presentata la manovra di Bilancio dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, sottolineando l’andamento in diminuzione di deficit e debito/pil. Purtroppo però a oggi, dopo sette giorni dal Consiglio dei ministri che l’ha approvata e sei dalla conferenza stampa in cui è stata presentata ai giornalisti, una considerevole porzione della legge di Bilancio è ancora ignota.


A mancare all’appello è buona parte delle cosiddette coperture, cioè le misure con le quali il governo intende finanziare i tagli delle tasse e gli aumenti di spesa su cui è stato invece solerte nella comunicazione. Durante la conferenza stampa, alle minori entrate e maggiori uscite sono stati dedicati quasi tutti i 63 minuti di presentazione da parte della presidente del Consiglio e dei ministri, mentre poco o nulla si sa su chi pagherà queste misure. O meglio, poco o nulla si sa oltre al deficit aggiuntivo. L’unico punto fermo, già scritto nero su bianco nella Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza, sono infatti i 21 miliardi di deficit aggiuntivo. Dal 3,4 per cento del pil previsto al 4,5 definitivo.


Bene, ma tutto il resto? Sappiamo che la legge di Bilancio interviene su circa 35 miliardi di tagli fiscali e maggiori spese. Per finanziarli, mancano dunque all’appello circa 14 miliardi di euro, cioè ben il 40 per cento degli interventi.


Partiamo dai documenti ufficiali. Nel Documento programmatico di bilancio inviato alla Commissione europea dovremmo trovare la risposta ai nostri interrogativi. Ma leggendolo si resta delusi. Tra le coperture le uniche voci note sono la riduzione della spesa per il Superbonus, che passa dal 110 al 90 per cento per le case unifamiliari, e il taglio del Reddito di cittadinanza. Le due misure raggiungono sommate circa 1 miliardo di euro di risparmi. Sui restanti 13 necessari troviamo due punti generici: “Altre entrate” per oltre 6 miliardi di euro e “Altre (minori) spese” circa 7 miliardi. Null’altro viene comunicato su chi effettivamente pagherà questi 13 miliardi.


Possiamo però restringere ulteriormente il campo, restando nel campo delle ipotesi, basandoci sulle dichiarazioni di membri del governo e sul comunicato stampa del ministero dell’Economia. Il viceministro Maurizio Leo ha affermato in un’intervista che circa 3 miliardi di euro dovrebbero arrivare dalle nuove imposte sugli extraprofitti energetici: un numero su cui possiamo fare affidamento a metà vista la parziale inefficacia del contributo straordinario introdotto dal governo Draghi, ma per ora atteniamoci ai numeri dell’esecutivo. La seconda voce dovrebbe arrivare – sorpresa sorpresa – dalle pensioni, o meglio dalla mancata rivalutazione totale all’inflazione degli assegni oltre i 2.100 euro al mese. Da qui secondo i numeri del Dpb e delle anticipazioni giornalistiche dovrebbero arrivare circa 2 miliardi di euro. Passiamo oltre: il ministero dell’Economia ha comunicato di attendersi “circa un miliardo” dalla “rivalutazione di beni e partecipazioni aziendali”. Vale a dire dalla modifica della norma introdotta nel 2020 per agevolare le imprese che volessero rivalutare il proprio patrimonio allineandolo ai valori di mercato: così facendo si provoca un ammortamento, che riduce i profitti e dunque le imposte da pagare (ridotte con la manovra 2020). La legge di Bilancio pare andrà a rendere meno conveniente questo meccanismo, ottenendo maggiori entrate per lo stato e più tasse per le imprese. Quarta voce – anche questa nota perché inserita in Nadef – sarà la spending review dei ministeri, per circa 800 milioni. Anche sui risparmi di spesa dal reddito di cittadinanza – 734 milioni di euro – va usato il condizionale, dal momento che il ministero dell’Economia scrive nel suo comunicato che “verranno allocati in un apposito fondo che finanzierà la riforma complessiva per il sostegno alla povertà e all’inclusione”. Ciò significa – evidentemente – che questi soldi non potranno finanziare il taglio del cuneo fiscale o l’espansione del regime forfettario per le partite Iva. E infine l’innalzamento delle accise sulle sigarette, per 138 milioni di euro.


Basta una calcolatrice per accorgersi che al conto mancano ancora sei miliardi di euro, su cui non è disponibile alcuna informazione. Eppure il governo dovrà presto decidere chi li pagherà, se vorrà farsi bolinare la manovra dalla Ragioneria. Le opzioni sono varie: un taglio delle detrazioni fiscali per i redditi più alti (se ne era parlato, poi l’ipotesi sembra essere tramontata) oppure la nuova tassazione sui criptoasset (da cui però le speranze di gettito sono limitate). Altra ipotesi era il maggiore incasso dall’ennesima rottamazione delle cartelle esattoriali, che qualche miliardo l’ha sempre garantito negli anni scorsi. Nel Documento programmatico di bilancio il governo ha però stimato che il nuovo condono dovrebbe in realtà provocare un peggioramento dei conti pubblici e non un aumento di gettito.


I ritardi nella pubblicazione della legge di bilancio sono sempre più frequenti e sono stati una cattiva abitudine anche dei predecessori di Giorgia Meloni. Ma non prendiamoci in giro: nei giorni che hanno preceduto il Consiglio dei ministri che ha approvato la manovra, sui giornali si leggeva di una premier innervosita con gli alleati di governo per le eccessive pretese e determinata a inserire in bilancio solo misure con le dovute coperture. Registriamo che una settimana dopo le coperture definitive ancora non ci sono e rimaniamo in attesa del leggerle per giudicarle.

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