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il confronto

"E' ora di un'operazione verità sul Pnrr", dice Raffaele Fitto (e Zingaretti è d'accordo)

Mariarosaria Marchesano

Il timore del ministro è che ci sarebbero troppi soldi da gestire e l’Italia non è in grado. Martedì prossimo la consultazione con le amministrazioni regionali e statali. Il dibattito organizzato dalla Svimez

Il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, ha lanciato la proposta di un piano decennale per il sud offrendosi di collaborare con il governo alla definizione di un modello di sviluppo che sia alternativo all’assistenzialismo e con un orizzonte temporale che vada oltre il Pnrr che si chiude nel 2026. “Serve una strategia di doppia legislatura”, ha detto. Intanto, però, è proprio al Pnrr che il destino del sud è ormai legato a doppio filo visto che per i prossimi anni non sono previsti investimenti pubblici per quest’area del paese se non quelli del Piano nazionale di ripresa e resilienza, vale a dire i soldi dell’Europa. Anche la proroga del credito d’imposta per le imprese che investono nel sud (scade il 31 dicembre) è per ora incerta, visto che nella Nadef lo stanziamento non è stato inserito.

Per capire come si muoverà il governo di Giorgia Meloni non bisogna, però, attendere molto perché per martedì prossimo il ministro per gli Affari europei, le politiche di coesione e il Pnrr, Raffaele Fitto, ha convocato una consultazione con le amministrazioni regionali e statali per una verifica di dettaglio delle azioni messe in campo fino ad oggi. Obiettivo? Sul Pnrr Fitto pensa sia necessaria “un’operazione verità”, secondo quanto lui stesso ha affermato durante un dibattito con l’ormai ex presidente del Lazio, il pd Nicola Zingaretti, organizzato dalla Svimez in occasione della presentazione del libro di Giampaolo Manzella, “Europa e sviluppo armonioso”, dedicato alla politica di coesione europea. Un confronto interessante perché è stato praticamente il primo che si è svolto tra governo e opposizione su questo tema e anche perché sono emerse convergenze inattese. Non solo Zingaretti ha dato sostanzialmente ragione a Fitto sulla necessità di una “due diligence” del Pnrr ma ha detto di condividere gli “alert” lanciati nella discussione da Fitto relativi ai rischi che si corrono nella cosìdetta “messa a terra” del piano, che poi è soprattutto uno e cioè quello di non riuscire a spendere tutti i soldi europei entro i tempi previsti dall’Europa. Preoccupazione rimasta sotto traccia durante il governo Draghi e che i due avversari politici hanno esplicitato senza troppe remore.

Per il ministro Fitto, se l’Italia è stata capace di spendere solo il 50 per cento degli 80 miliardi dei fondi di coesione previsti per il periodo 2014-2020, è lecito domandarsi come riuscirà a utilizzare nei prossimi quattro anni una quantità di risorse che è quasi il triplo. “Vengo da una prima riunione con la cabina di regia e i numeri dicono che la previsione di spesa per quest’anno, inizialmente di 42 miliardi, è stata ridotta a 32 miliardi e poi a 21 – ha chiarito il ministro -  Inoltre, sono stati raggiunti finora obiettivi molto semplici e spostate sul Pnrr opere già finanziate con fondi ordinari. Insomma, vorrei avere una visione chiara della situazione e capire, nella fase di attuazione del Pnrr, quanto sia stato utile per l’Italia avere una così ampia capienza economica”. In pratica, questo in sintesi il ragionamento, potrebbe rivelarsi addirittura un boomerang per il nostro paese aver puntato ad ottenere il massimo dai fondi Next generation Eu, oltre 200 miliardi, pur sapendo di non avere una adeguata capacità di spesa.

Il problema, come ha fatto notare Zingaretti, non riguarda solo il sud ma tutti i comuni con meno di 25 mila abitanti “che non sono in grado di fare i bandi competitivi”. Insomma, ci sarebbero troppi soldi da gestire e l’Italia non è in grado. “Questa enorme quantità di risorse sta arrivando a leggi invariate – ha incalzato Zingaretti – Non ce la faremo mai ad arrivare a una messa a terra perché non abbiamo in alcun modo modificato il meccanismo di funzionamento della macchina amministrativa del paese, cosa che andrebbe fatta cominciando a semplificare la babele dei pareri di competenza dei vari enti”.  Un punto su cui l’ex presidente della Regione Lazio invita alla prudenza è l’ipotesi di rimodulazione del Pnrr che non dovrebbe, a suo parere, mettere a rischio il rapporto di fiducia tra Europa e Italia. Ma Fitto svicola, per il momento vuole capire, approfondire la coerenza dei progetti sui territori, come del resto gli consente la delega al coordinamento del Pnrr che si aggiunge a quelle degli affari europei e della coesione. “Tre grandi sfide”, come lui stesso le ha definite per un ministero che non contiene la parola sud – pur avendone di fatto nelle mani il destino – che campeggia su un dicastero rimasto senza fondi e senza quasi deleghe come quello di Nello Musumeci. 

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