S'è inceppato zuck

Le ragioni del tonfo di Meta, dalla rincorsa fallita a TikTok agli attacchi di Apple

Pietro Minto

Il gigante dei social che comprende Facebook, WhatsApp e Instagram ha presentato i risultati del terzo trimestre 2022: -4 per cento di entrate; utile netto che sprofonda del 52 per cento rispetto all’anno scorso. In poche ore il titolo ha perso 65 miliardi di dollari di valore. La crisi del gruppo guidato da Zuckerberg va analizzata su diversi fronti

Qualcuno levi il visore della realtà virtuale a Mark Zuckerberg, ché la realtà effettiva sta cambiando in fretta e c’è bisogno di intervenire. Mercoledì scorso Meta, il gigante dei social che comprende Facebook, WhatsApp e Instagram tra le altre cose, ha presentato i risultati del terzo trimestre 2022: -4 per cento di entrate; utile netto che sprofonda del 52 per cento rispetto all’anno scorso. Risultato: in poche ore il titolo di Meta ha perso 65 miliardi di dollari di valore. A inizio febbraio, il titolo aveva già perso il 20 per cento a causa delle pessime notizie sul fronte del metaverso.

   
La crisi del gruppo guidato da Mark Zuckerberg è acuta e complessa e va analizzata su diversi fronti. Il primo, quello che va a toccare il cuore pulsante dell’operazione, è la perdita di prestigio e utenti che interessa Facebook (da anni, ormai) e Instagram (più recentemente). E’ quest’ultima a preoccupare gli analisti, perché per anni il social network aveva in qualche modo riequilibrato la desertificazione di Facebook, prima di avvertire un calo di popolarità e – soprattutto – la concorrenza di TikTok. Il social cinese ha aperto una nuova epoca per il settore, favorita proprio dal lento tramonto dei dinosauri che avevano caratterizzato l’epoca precedente. Meta è stata quindi costretta a rispondere imitando TikTok con i Reels, i quali hanno però comportato un ripensamento totale del social – e una reazione negativa da parte di molti utenti e creator. Il piano non sta funzionando: secondo alcuni dati interni, la maggior parte dei Reels non avrebbe “alcun engagement”. Quanto alla distanza con la concorrenza, come riportato dal Wall Street Journal, gli utenti di Instagram passano complessivamente 18 milioni di ore al giorno con questi video, contro le 200 milioni di ore registrate da TikTok.


Anche il margine operativo dell’azienda, ovvero il suo reddito al netto di imposte, interessamenti e deprezzamento di beni, risulta ai minimi, fermandosi al 20 per cento. Lo stesso andamento è rilevabile anche nel core business del gruppo – la vendita di pubblicità – che si ferma al 34 per cento ed è in caduta libera.


E poi c’è il metaverso, l’orizzonte fantastico inseguito da Zuckerberg, che per ora è costato dieci miliardi di dollari alla controllata Reality Labs, mentre il termine stesso “metaverse” sta diventando lo zimbello della Silicon Valley: il giornalista del New York Times Ryan Mac ha raccontato che a una recente conferenza l’idea è stata irrisa e criticata da Greg Joswiak di Apple, Evan Spiegel di Snap e Phil Spencer di Microsoft. Pubblicamente. Un’idea potenzialmente interessante su cui però Zuckerberg ha investito troppo e troppo presto. E da cui sembra non voglia staccarsi, un po’ per orgoglio, un po’ perché è difficile farlo dopo aver bruciato dieci miliardi in un momento simile.


L’ultimo fronte riguarda Apple, che ha ripetutamente attaccato le fondamenta del business model di Facebook e Instagram, offrendo agli utenti iPhone la possibilità di rifiutare il tracciamento dei dati personali, su cui si basano le entrate di Meta. Una singola modifica che ha fatto perdere dieci miliardi di dollari al gruppo nel primo anno (stima dello scorso febbraio) e ha aperto una voragine nei conti del gruppo. Apple è tornata all’attacco proprio questa settimana, richiedendo una parte dei soldi spesi dagli utenti iPhone per il “social boosting” dei loro contenuti. Quando un utente vuole aumentare il pubblico dei propri post, infatti, può pagare i social network per aumentarne il cosiddetto “reach”. Ebbene, Apple ha intenzione di trattare queste spese come qualsiasi altro acquisto effettuato attraverso l’App Store, ovvero trattenendone una parte considerevole (il 30 per cento), che toglierebbe a Meta.

 

Una possibile via d’uscita da tutto questo, indicata al Guardian da Sir Martin Sorrell (fondatore del più grande gruppo pubblicitario al mondo, Wpp), prevede la scissione della parte della società dedicata al metaverso (Reality Labs) dal resto di Meta. In tal modo, i conti della seconda farebbero meno paura, e la prima diventerebbe una specie di “bad company”. Peccato che la bad company in questione contenga, almeno secondo Zuckerberg, il futuro dell’azienda.