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no taxation without representation

Argomenti non moralistici per criticare il prossimo tetto al contante

Stefano Cingolani

“Ci sono paesi (la Germania) in cui il limite non esiste, ma l'evasione fiscale è bassissima”, ha ricordato Giorgia Meloni. L’avrà anche detto Pier Carlo Padoan, ma è una polemica antica, non infondata, anche se esasperata

L’avrà anche detto Pier Carlo Padoan, ma ciò non toglie che portare il tetto del contante a diecimila euro non è un bel segnale. Non per via dell’evasione fiscale, la criminalità, la mafia e tutta la panoplia polemica che le opposizioni hanno messo in campo; non solo l’opposizione di sinistra, ma anche e forse ancor più quella populista.

Nessuno nega che girare con rotoloni di euro in tasca sia una tentazione a tutto campo e le tentazioni è meglio tenerle lontane. Ma se fosse solo questo allora l’affermazione dell’economista piddino quando era ministro dell’economia, potrebbe ammutolire tutti: “Ci sono paesi (la Germania, ndr.) in cui il limite non esiste, ma l'evasione fiscale è bassissima”. Lo ha ricordato Giorgia Meloni abile polemista dalla pronta battuta e con uno staff prontissimo a trovare le pezze d’appoggio. Certo, si potrebbe ribadire che una evasione tanto elevata come quella italiana non riguarda certo solo chi ha i conti alle Bahamas, si potrebbe anche aggiungere che tasse e rappresentanza sono il binomio della democrazia liberale, quindi l’evasione fiscale è anche un rifiuto politico-sociale. Scontato che le imposte dovrebbero essere non solo eque, ma più basse possibile, non vessatorie e decise dai rappresentanti del popolo. Eppure quel che colpisce qui e ora va al di là di schermaglie spesso troppo moralistiche. Mettiamo insieme il contante, la distinzione tra grandi e piccoli evasori, i condoni prossimi venturi, l’abolizione del ministero per la transizione digitale e forse la transizione stessa, poi l’esenzione dal pos dei tabaccai e di molti altri, s’è innescata infatti una reazione a catena.

Da tutto ciò si capisce che, passo dopo passo, sta avvenendo una vera e propria marcia indietro. Il governo Meloni fin dai suoi primi atti, per quanto solo annunciati, vuole rappresentare un’Italia che rifiuta la modernizzazione in tutte le sue forme, a cominciare da quelle che cambiano la vita quotidiana. Sì, Giorgia sta su Tik Tok, ma quello serve oggi più del comizio di piazza. Possiamo capire senza dubbio il sollievo dei tassisti che respingono le carte di credito, dei commercianti al minuto che hanno bisogno di denaro liquido subito senza dover andare in banca o allo sportello automatico. Tiriamo tutti un sospiro di sollievo se non arriva la raccomandata dall’Agenzia delle entrate che vuole indietro una manciata di euro non dichiarati anni fa. E comprendiamo che Fratelli d’Italia, la Lega e la stessa Forza Italia si presentano come i partiti dei lavoratori autonomi che sarebbero rimasti ai margini, senza rappresentanza, non garantiti, contro i lavoratori dipendenti più protetti dai sindacati e dalla sinistra laburista. C’è un passaggio molto esplicito su questo nel discorso di Giorgia Meloni alla Camera.

E’ una polemica antica, non infondata, anche se esasperata (basti pensare che il reddito autonomo può scaricare l’inflazione sul prezzo finale, il reddito dipendente viene falcidiato e basta) dalla quale emerge il blocco sociale al quale la destra vuole concedere, in cambio del voto, misure che ne tutelino e possibilmente rafforzino gli interessi. Fa parte dello slogan “no taxation without representation”, è normale dialettica democratica, non voto di scambio (definizione sbirresca e reazionaria). Tuttavia è davvero questo che voleva dire Giorgia Meloni quando ha promesso di “rovesciare l’Italia come un calzino”? E’ questa “la nave più bella del mondo”? Quella che resta nella linea d’ombra, quella che non affronta coraggiosa la tempesta (altra metafora della retorica meloniana), ma cerca la bonaccia nel mar dei Sargassi? 

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