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Portare il mondo del cibo a Rho, altro che sovranismo alimentare

Dario Di Vico

L'accordo, anche se non ancora vincolante, tra la Fiera di Milano e le Fiere di Parma per dar vita a un grande Salone del Cibo è quello che ci vuole per il settore food. La sovranità alimentare, slogan caro alla Coldiretti, è una favola da raccontare ai bambini

Mentre la coalizione di centrodestra ha maturato la straordinaria idea di cambiar nome al ministero dell’Agricoltura e far nascere così il dicastero della Sovranità alimentare, a Milano non si progetta certo l’autarchia. Anzi. L’annuncio del raggiungimento di un accordo, anche se non ancora vincolante, tra la Fiera di Milano e le Fiere di Parma va in tutt’altra direzione: cercare di portare il mondo a Rho. In altri termini di dar vita a un grande Salone del Cibo che tenti di ripercorrere la strada e i successi del fratello maggiore, il Salone del Mobile. Per rendere possibile questo che oggi appare come un sogno, le manifestazioni concorrenti si chiamano Anuga e Sial e hanno sede rispettivamente a Colonia e Parigi, ma siccome il sistema fieristico italiano è ripartito dopo il Covid con una velocità superiore a quella di tedeschi e francesi, l’assalto al cielo non sembra più proibitivo come poteva esserlo solo qualche anno addietro. E i dati dell’export del primo semestre del 2022 autorizzano i piani di crescita, e l’idea di mettere l’industria italiana del food al centro dell’attenzione mondiale non è così peregrina. Anche in questo caso, del resto, restiamo il paese delle contraddizioni perché siamo autosufficienti solo in alcuni limitati segmenti dell’alimentare (in sostanza vino, pollame e formaggi e non più ortofrutta) e invece giochiamo per il primato nella trasformazione delle materie prime e nella fornitura al mercato globale di prodotti di alta qualità grazie soprattutto alle multinazionali tascabili.

 

La sovranità alimentare, slogan caro alla Coldiretti che ha confermato la sua force de frappe ospitando per prima a un suo evento il premier in pectore Giorgia Meloni, è una favola da raccontare ai bambini, ma non è detto che si addormentino. Al di là delle capacità di lobby da parte della rappresentanza (Coldiretti è maestra) l’intesa tra Milano e Parma è fatta apposta per esaltare la forza dell’industria italiana e del resto non è un caso che Carlo Bonomi presieda Fiera Milano e che alla testa di Federalimentare, partner storico degli emiliani, sia in arrivo un top manager Ferrero. A ritardare un matrimonio iper-razionale, come quello che dovrebbe essere annunciato entro un paio di mesi, hanno concorso negli anni sia le inevitabili gelosie tra enti fieristici sia le prudenze del mondo politico emiliano timoroso di essere colonizzato da Milano, ma la grande città, per una volta, ha saputo mostrarsi generosa e lungimirante e se ha concesso qualcosa sul piano della mediazione commerciale ha portato a casa un jolly. Ora si tratta di saper giocare a carte, superare le ultime resistenze e decidere il calendario fieristico del 2023 e del 2024 in modo che si possano alternare il salone milanese e una fiera parmense del made in Italy. Un ottimista, infine, potrebbe commentare che da cosa nasce cosa e che una sinergia più stretta tra Milano e l’Emilia-Romagna è da ascrivere tra gli eventi inevitabili.

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