Non solo armi, l'Ucraina ha bisogno di soldi. E l'Europa fa poco e tardi

Luciano Capone

L'economia ucraina è devastata e ha bisogno dell'assistenza finanziaria dell'Occidente: 3-4 miliardi al mese. Gli Stati Uniti hanno fornito molti più aiuti di tutti i paesi europei messi insieme. Eppure basterebbe solo lo 0,1 per cento del pil Ue

L’Ucraina sta ottenendo significativi risultati sul campo, anche grazie agli aiuti militari occidentali (soprattutto degli Stati Uniti), ma è in una condizione economica difficilissima. La Russia ha inflitto, oltre al costo umano, danni enormi. Secondo le stime della Kyiv School of Economics le perdite materiali ammontano a 120 miliardi di dollari: la parte orientale del paese devastata, infrastrutture e distretti industriali distrutti. L’Fmi dice che quest’anno il pil ucraino crollerà del 35 per cento e le entrate fiscali ancora di più. È pertanto fondamentale un sostegno finanziario.

 

Kristalina Georgieva, direttrice generale dell’Fmi, al termine dell’incontro sull’assistenza finanziaria all’Ucraina con il primo ministro ucraino Denys Shmyhal e il ministro delle Finanze Sergii Marchenko, ha dichiarato che il paese ha ricevuto 35 miliardi di dollari in prestiti e sovvenzioni nel 2022, pari a circa un terzo del bilancio. Ma il bisogno finanziario dell’Ucraina resterà ampio anche nel 2023, e comunque fino a quando la guerra proseguirà: l’aiuto dall’estero stimato dal Fmi è di 3-4 miliardi di dollari al mese. Il budget dell’Ucraina per il 2023, presentato a metà settembre, è naturalmente un budget di guerra: circa il 50 per cento del bilancio è dedicato alle spese militari e per la sicurezza (stipendi per i militari, equipaggiamento, armi, etc.), il quadruplo rispetto al 2022; il 35% della spesa è per pensioni, sussidi, salute, assistenza sociale e istruzione; e poi c’è il resto. Il deficit è stimato al 20% del pil.

 

In assenza di un piano di assistenza finanziaria, però, l’unica alternativa in mano all’Ucraina per coprire il disavanzo è ricorrere al finanziamento monetario dal parte della Banca centrale, ovvero stampare moneta. Ma questo, inevitabilmente, farebbe aumentare ulteriormente l’inflazione che a settembre ha ormai raggiunto il 25% ed è prevista al 30% nel 2023 secondo le stime del governo. Vorrebbe dire portare il paese all’iperinflazione, con tutte le conseguenze nefaste anche sulla stabilità politica e istituzionale. Insomma, paradossalmente, ora i problemi maggiori dell’Ucraina riguardano di più il versante economico che quello militare. E mentre si parla molto di invio o meno di armi, non si discute affatto di invio di soldi. E dovrebbe farlo soprattutto l’Europa, che non sta sostenendo abbastanza gli ucraini né con le armi né con i denari.

 

Il Kiel Institute, un think tank tedesco, traccia dall’inizio dell’anno l’insieme degli aiuti militari, umanitari e finanziari all’Ucraina. E i dati raccolti mostrano non solo che gli Stati Uniti hanno fornito aiuti militari pari a 27,6 miliardi di dollari, dieci volte di più di quanto ha messo l’Ue. Ma anche se si considerano solo gli aiuti economici, il quadro non cambia molto. Complessivamente, riporta il Kiel Institute, sommando tutti gli aiuti (militare, umanitario e finanziario), gli Stati Uniti si sono impegnati per 52,3 miliardi di dollari (il 55 per cento del totale), molto di più delle istituzioni dell’Unione europea e dei paesi membri messi insieme, che hanno stanziato 29,2 miliardi (il 31 per cento). Ma lo sforzo non è neppure distribuito omogeneamente all’interno dell’Ue, anzi ci sono ampie differenze tra paesi, soprattutto se il supporto viene rapportato al pil nazionale: il contributo di Estonia e Lettonia è pari all’1,6-1,7 per cento del pil, quello della Polonia allo 0,6 per cento, mentre quello di Italia, Francia e Germania si ferma tra lo 0,1 e lo 0,2 per cento.

 

Il problema non è solo l’ammontare, ma anche i tempi. L’Unione europea ha approvato a maggio un piano di assistenza macroeconomica da 9 miliardi di euro per il 2022, ma a oggi solo un miliardo è stato versato. Il governo ucraino ha recentemente protestato per l’inspiegabile ritardo nell’erogazione della seconda tranche di prestiti da 5 miliardi autorizzata dal Parlamento europeo a metà settembre. Qualche giorno fa è intervenuto anche il segretario di Stato americano, Janet Yellen, che ha invitato l’Europa a darsi una mossa, ricordando che il sostegno all’Ucraina è “uno sforzo collettivo” e pertanto ha chiesto agli “alleati” di “assolvere rapidamente ai loro impegni” e anche a “intensificarli”.

 

Su questo fronte la Commissione europea sta discutendo su un piano di assistenza per il 2023 da 18 miliardi di euro, ovvero 1,5 miliardi al mese, che coprirebbero al massimo la metà del disavanzo mensile dell’Ucraina (3-4 miliardi). Sono risorse vitali per l’Ucraina, necessarie per sostenere i bisogni fondamentali di un paese in guerra. E si tratta anche di un piccolo sforzo per l’Europa, pari circa allo 0,1 per cento del suo pil. Sotto le bombe ci sono gli ucraini, ma la sfida di Putin è, come lui ama ripetere, all’“Occidente collettivo”. All’Europa è chiesto di fare di più, e soprattutto presto.

 

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali