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Verso il nuovo governo

"Dai mercati c'è un'apertura di credito a Meloni, assegni in bianco no". Parla D. Serra

Luciano Capone

"Gli investitori si aspettano che si continui sulla linea Draghi. Di Meloni è apprezzato il posizionamento internazionale, ma se mette Tremonti al Mef è game over. Riveda RdC e Spuerbonus ed eviti le follie di Truss: se hai un debito alto devi convincere chi ti finanzia che conosci l'algebra”, dice il fondatore di Algebris

“C’è stata un’apertura di credito, ma nessun assegno in bianco. Ora si tratta di vedere i numeri”. Davide Serra, fondatore e ceo di Algebris Investments, rappresenta qual è l’atteggiamento degli investitori internazionali sull’Italia dopo la vittoria di Giorgia Meloni. Le rassicurazioni delle ultime settimane della leader di Fratelli d’Italia hanno funzionato, ma ora sui mercati si sta alla finestra per vedere se le azioni sono conseguenti. A partire dai nomi della squadra di governo, prima ancora che dall’impostazione della legge di Bilancio. “Come ministro dell’Economia sono circolati i nomi di Fabio Panetta della Bce, di Domenico Siniscalco o del ministro Daniele Franco. Al di là dei nomi, magari non sarà nessuno dei tre, i mercati hanno apprezzato il profilo che è quello di una persona credibile”. Se invece dovesse tornare Giulio Tremonti, eletto in Parlamento con FdI? “Game over. All’Italia serve una persona seria che sta sui numeri, non uno showman. I mercati non finanzieranno l’Italia un secondo in più. Se Meloni vuole accorciare la vita del suo governo metta Tremonti al Mef”. 

 

Ma cos’è che per ora, in una situazione molto delicata come quella attuale tra guerra e crisi energetica, ha tranquillizzato del messaggio della Meloni? “L’Europa non ha un esercito e non ha indipendenza energetica – spiega Serra – quindi il messaggio dei mercati è che se sbagli il posizionamento internazionale, fai cioè l’occhiolino a Putin o ai cinesi, gli investitori che sono principalmente anglosassoni ti lasciano e vendono”. Questo Meloni pare averlo compreso, o comunque le sue convinzioni sulla posizione internazionale dell’Italia sono in linea con questo messaggio. “Ma ciò che è importante è che chi nella coalizione di centrodestra aveva posizioni diverse è stato punito. Chi preferiva Putin all’Europa è crollato al 9%, questo il mercato lo apprezza. Come apprezza che non conti più nulla una cerchia di gente che parlava di minibot e uscita dall’euro. Questi che erano i rischi più folli, soprattutto per un paese con il debito al 150% del pil, sono usciti molto ridimensionati dalle urne”.

 

Non siamo, insomma nel 2018, quando i vincitori delle elezioni proponevano alleanze internazionali con Russia e Cina e parlavano apertamente di Eurexit. “Il tema è che quando arrivi dopo una fase in cui il paese è stato governato da Draghi, che ha dato credibilità all’Italia in Europa, ha prodotto crescita e rimesso in sesto il Pnrr, i mercati si aspettano che tu continui. Se fai colpi di testa, metti ministri considerati incapaci o ciarlatani, semplicemente smettono di finanziarti. Dovrai chiedere i soldi ai tuoi cittadini, tassarli, oppure saranno gli investitori che ti tasseranno chiedendo rendimenti più alti che pagheranno i cittadini. Il discorso è semplice”.

 

Meloni, che è presidente del partito conservatore europeo, ha una vicinanza politica con i Tory, che nel Regno Unito hanno annunciato un enorme taglio delle tasse da 45 miliardi, finanziato in deficit, che ha fatto crollare la sterlina. Serra, che è anche cittadino britannico e lavora a Londra, dice che la politica inglese sembra vivere in un mondo di fantasia dopo la Brexit. “L’Inghilterra ha nel 2022 un deficit di bilancio del 7,3% e un deficit delle partite correnti del 6,6%, un deficit gemello, vuol dire che sta stampando il 14% di pound all’anno rispetto al pil. Inoltre la Bank of England ha un governatore debolissimo, Andrew Bailey, messo lì solo perché piaceva ai brexiteer. Da qui ad aprile saranno costretti a cambiare il price cap sull’energia che costa 120 miliardi all’anno e che non incentiva a risparmiare energia perché annulla il segnale di prezzo. L’Italia, invece, ha un deficit del 5% ma ha un avanzo delle partite correnti. Bisogna quindi supportare le aziende che esportano e ridurre il deficit”.

 

Vuol dire però che anche Meloni dovrà fare delle scelte, evitando la politica in deficit di Liz Truss? “L’Italia non ha ulteriore spazio fiscale, il sentiero è molto stretto”. Cosa può fare il governo? “Meloni ha in progetto di rivedere il Reddito di cittadinanza, che è giusto perché, per come è fatto, incentiva il settore nero. Ma va anche rivisto, come proponeva Draghi, il Superbonus 110%. E va fatto al più presto, abbassando la percentuale di sconto”. Probabilmente dovrà rivedere al ribasso anche le promesse. “Se prova a fare il suo programma da oltre 100 miliardi di euro, in questo contesto di tassi in rialzo, il Btp arriva subito al 7-8%. Poi se hai vinto le elezioni puoi decidere quello che vuoi, ma non con i soldi di chi ti finanzia”.

 

All’opposizione diceva che Draghi faceva poco contro il caro energia, ora per Meloni sarà difficile rifinanziare tutti gli aiuti. Dovrà passare a misure più selettive? Quali? “La cosa più importante è non perdere capacità industriale, fare in modo che le imprese riescano a sopravvivere fino a che l’energia tornerà a prezzi accettabili. Se distruggi la capacità industriale come nel 2011 sei finito. Ma anche se fai boutade all’inglese sei finito. Un conto sono le idee politiche e un conto sono i numeri, quelli non sono opinioni. Se hai un debito alto, devi convincere chi ti finanzia che tu sappia fare algebra”. Parola del fondatore di Algebris.

 

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali