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i costi del verde

"Con il voto sull'auto elettrica l'Ue ha cancellato la neutralità tecnologica. Draghi intervenga". Parla Bonometti

Maria Carla Sicilia

La misura approvata dal Pe dovrà ora passare l'esame dei governi. "L'auspicio è che si trovi un compromesso", ci dice il presidente delle Officine Meccaniche Rezzatesi: "Questa è una politica suicida per l'Europa"

“L’auspicio è che il governo italiano, grazie all’autorevolezza del premier Mario Draghi e con i ministri Roberto Cingolani e Giancarlo Giorgetti riesca a proporre un emendamento di compromesso sullo stop alle auto diesel e benzina”. Marco Bonometti guida le Officine Meccaniche Rezzatesi (Omr), un gruppo industriale che occupa 3.200 dipendenti e produce componentistica per auto in 16 stabilimenti. Dalla sua prospettiva la misura approvata mercoledì dal Parlamento europeo è “una politica suicida” con che porterà “alla perdita di milioni di posti di lavoro cancellando un settore strategico per l’industria europea”, senza la garanzia di centrare l’obiettivo di decarbonizzazione. “Il problema è avere l’energia pulita necessaria per le auto elettriche, altrimenti si sposta l’emissione dal tubo di scarico alla produzione elettrica”, dice l’industriale, ex presidente di Confindustria Lombardia. “Se l’obiettivo è quello di ridurre le emissioni di CO2 bisogna mettere le persone nella condizione di poter sostituire le vecchie vetture. Ma l’auto elettrica – continua – allo stato attuale è un’auto per ricchi”.

 

Il compromesso che potrebbe rendere il boccone meno amaro per l’industria, o quanto meno contenere i costi sociali di questa transizione accelerata, è quello contenuto in un emendamento presentato dal Ppe e bocciato mercoledì dall’Aula di Strasburgo. Il testo prevedeva di ridurre dal 100 al 90 per cento la quota di auto elettriche nuove da produrre obbligatoriamente, lasciando quindi una ridotta quota di motorizzazioni diverse. Non solo o non per forza diesel e benzina, ma anche gpl, metano e auto ibride, che emettono meno CO2 dei carburanti tradizionali. “E’ stato un errore votare contro, soprattutto da parte degli eurodeputati italiani. Così facendo il Parlamento ha cancellato la neutralità tecnologica che tutti auspicavamo come condizione indispensabile per raggiungere l’obiettivo della decarbonizzazione”.

 

L’impatto più temuto è quello che riguarda l’esubero di forza lavoro. “Le nostre imprese dovranno completamente cambiare la propria organizzazione. Ci sono sicuramente componenti trasversali che continueranno a essere prodotti, anche se con volumi diminuiti”, continua Bonometti. E’ il caso dei telai in alluminio che producono gli stabilimenti Omr, ma anche di altre componenti che fanno parte dei motori. Il problema però è per chi produce altri prodotti come iniettori, marmitte, pistoni e cilindri. I numeri aiutano a capire: per produrre un motore elettrico, dice l’associazione che rappresenta le imprese italiane della filiera (Anfia), servono 25 persone contro le 100 che servono per fare un motore endotermico.

 

La stima degli industriali è di 70mila persone a rischio e anche i sindacati hanno espresso preoccupazione. “Le aziende più piccole sono in grande apprensione per il loro futuro”, continua l’ex presidente di Confindustria Lombardia, sottolineando proprio la frammentazione del settore italiano della componentistica, che conta circa 2.200 imprese con un fatturato di 44,8 miliardi di euro e oltre 161.400 addetti (dati 2020). “Il governo deve agevolare la competitività del settore. La priorità ora è modificare in sede di trattative lo stop ai motori endotermici. Ma non dimentichiamoci del resto, a partire dal prezzo dell'energia e del gas”.

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  • Maria Carla Sicilia
  • Nata a Cosenza nel 1988, vive a Roma da più di dieci anni. Ogni anno pensa che andrà via dalla città delle buche e del Colosseo, ma finora ha sempre trovato buoni motivi per restare. Uno di questi è il Foglio, dove ha iniziato a lavorare nel 2017. Oggi si occupa del coordinamento del Foglio.it.