L'intervista

“L'Europa inizi con un dazio sul gas russo”. Parla Daniel Gros (Ceps)

Luciano Capone

Secondo l'economista tedesco si può affrontare un blocco immediato delle forniture dalla Russia, ma avrebbe un costo elevato. "Meglio iniziare con una tariffa del 30%, si può fare subito ed è un test per il sistema"

Secondo l’economista tedesco Daniel Gros rinunciare al gas russo è possibile, anche se ha un costo elevato nel breve termine. Ma c’è un’alternativa, qualcosa che si può fare subito: una tassa sul gas di Putin. “La mia proposta è inziamo con un dazio alto, del 20-30% – dice al Foglio il direttore del Ceps (Centre for European Policy Studies) –. Ha il vantaggio di dire al mercato che non tutto il gas costa di più, ma solo quello russo. Così si fa una differenza tra gas pulito e sporco”. Il vantaggio? “Se agiamo sul prezzo, possiamo anche vedere la flessibilità che c’è nel sistema per ridurre o sostituire il consumo di gas. L’industria continuerebbe a operare andando via dal gas russo ma non da tutto il gas. Dall’altro lato il dazio sarebbe un segnale di prezzo anche per gli altri potenziali fornitori di gas nel mondo, ad esempio in Asia c’è un notevole potenziale di risparmio energetico di gas, che può liberare importanti quantità di Gnl (gas liquefatto) per l’Europa”.

 

E poi ci sarebbe anche un gettito da questo dazio, che Gros stima attorno a 30-50 miliardi di euro annui che “può essere usato per sostenere i gruppi vulnerabili colpiti dall’aumento dei prezzi del gas o l’accoglienza dei milioni di rifugiati che arrivano dall’Ucraina”. Il concetto è quello di spostare gli incentivi: comprando il gas russo si continuerebbe a finanziare la guerra di Putin, ma attraverso il dazio si finanzierebbe anche il suo contrasto. In Europa ci sono spinte per un embargo totale, ma i paesi più dipendenti dal gas russo come la Germania si oppongono. “Ciò che importa non è tanto da dove viene il gas – dice Gros – ma quanto gas il paese usa, perché il prezzo è uguale in tutta l’Ue e se anche la sola Germania bloccasse l’import di gas russo questo avrebbe conseguenze su tutti i paesi europei”. È vero che nel medio termine è prevalentemente un problema di costi, ma nel breve se ci fosse un bocco dell’import di gas o se Putin dovesse decidere di chiudere i rubinetti ci sarebbe anche un problema di quantità. “Sì, a breve termine se mancano terminali e connessioni ci possono essere problemi di volumi. Ma oltre un orizzonte temporale di un paio di mesi è soprattutto una questione di prezzo. In Europa abbiamo molte interconnessioni, forse tranne con la Spagna dove c’è molta capacità di rigassificatori che però non è ben collegata alla Francia perché i monopolisti dei due paesi non volevano”.

 

Un blocco immediato quindi possibile, ma cos’è preferibile? “Un’uscita graduale sarebbe senz’altro meno distruttiva, è chiaro. Ma immaginiamo un blocco, vuol dire che mancherebbe un 30% di gas in Europa. Se questa situazione viene gestita con un razionamento, cioè con un’allocazione selettiva senza aumentare il prezzo per i consumatori, il calo del pil sarebbe maggiore. Se invece si passa per un prezzo più alto, il risparmio di consumo sarebbe considerevole sia tra le famiglie sia tra le imprese e nessuno avrebbe svantaggi o vantaggi relativamente agli altri”. Gli anelli deboli sarebbero però le industrie energivore e le famiglie più fragili. “Alle famiglie più povere si può trasferire una somma una tantum, corrispondente al costo dell’energia se mantenessero gli stessi consumi. In questo modo, lasciando un prezzo alto del gas, rimarrebbe l’incentivo a consumare di meno. Per le industrie energivore si tratta di pochi specifici settori che spesso hanno contratti a lungo termine con con prezzi bassi”.

 

Insomma, ciò che è importante è mantenere il segnale del prezzo. “Sì. Molti pensano che esistano proporzioni fisse tra prodotto e consumo di gas, ma tutti gli studi dicono che quando aumenta il prezzo cambia il comportamento e c’è un’ampia possibilità di sostituzione. Per questo i prezzi sono importanti. Anche nelle famiglie c’è un potenziale inutilizzato di risparmio energetico”. C’è quindi margine per sopportare un blocco immediato? “Se il blocco partisse ora l’effetto si farebbe sentire alla fine dell’estate. E non c’è bisogno di risparmiare tutto il gas che mancherebbe dalla Russia, e neanche la metà. Credo che dovremmo risparmiarne un terzo. Ma la mia proposta è: iniziamo con un dazio del 20-30% e vediamo come reagisce il sistema economico. Si può fare già domani”.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali