Gli incentivi per le auto alla spina vanno a ruba, ma il mercato non corre

Antonio Sileo

In poco più di 24 ore sono terminati gli incentivi per le auto elettriche e plug-in, anche per via delle domande accumulate tra uno stanziamento e l'altro. Ma tra la crisi dei chip e la domanda che stenta a riprendersi, queste risorse sono una goccia nell'acqua 

Nella grave e complicata crisi che attanaglia il mondo dell’automobile, stretto tra la carenza di chip e semiconduttori che strozza l’offerta e la domanda che stenta a riprendersi, una nuova figura professionale sta alacremente lavorando: l’addetto alle prenotazioni degli incentivi sul sito del ministero dello Sviluppo economico.

Gli incentivi per automobili elettriche e ibride plug-in sono andati a ruba per la coda di pratiche accumulate negli ultimi quaranta giorni. Da quando, cioè, in soli tre giorni erano terminati gli ultimi 57,5 milioni assegnati dal governo. 

Questa volta la richiesta di prenotazioni è stata ancora più sostenuta perché maggiori sono stati i giorni di accumulo di richieste: più del doppio rispetto all’ultima volta (quando la finestra si era chiusa dal 28 agosto al 14 settembre). Così i 65 milioni di euro stanziati con il decreto-legge fiscale sono andati letteralmente a ruba, subito dopo l’apertura delle prenotazioni, fissata alle 10 di ieri mattina. Tanto da non resistere oltre il pomeriggio di oggi, 28 ottobre.

A settembre le vendite di auto elettriche e ibride plug-in sono cresciute del 107 e dell’89 per cento rispetto a settembre 2020 e di oltre il 570 per cento rispetto a settembre 2019, ma il mercato globale ha segnato una flessione del 32,5 rispetto al 2020 (anche per il recupero dopo i mesi di confinamento obbligato dello scorso anno) e del 26,7 per rispetto al 2019. Dunque, per quanto si immatricolino più autovetture con la spina, le vendite di queste ultime non sono affatto sufficienti a compensare il crollo delle vendite delle altre alimentazioni. Crollo che, come accennato, dipende anche dall’offerta emaciata dalla mancanza di microchip che spinge le case automobilistiche a privilegiare la vendita delle versioni con maggiori margini, sacrificando quelle meno remunerative (più auto grandi e meno auto piccole) o spogliandole di sensori, accessori e scenografici display e dilatando i tempi di consegna.

Una situazione difficilissima – basti citare la crisi all’interno del consiglio di sorveglianza del gruppo Volkswagen, che vede opposti l’AD Herbert Diess, che vorrebbe correre sull’elettrico, e Daniela Cavallo, presidente del consiglio di fabbrica, che accusa il primo di non preoccuparsi sufficientemente dei lavoratori – che evidentemente non può essere risolta a botte di incentivi: come l’economia e la storia anche recentissima insegnano, non possono durare a lungo.

Il viceministro allo Sviluppo economico, Gilberto Pichetto Fratin, in questi giorni si è sbilanciato promettendo nella legge di Bilancio 2022 uno stanziamento di un miliardo l'anno per l'acquisto di auto a basse emissioni di CO2: si tratterebbe di incentivi strutturali che durerebbero fino al 2024.

Tuttavia, si sa che i soldi non bastano mai. Un correttivo potrebbe essere quello di rivedere il prezzo massimo d’acquisto per le autovetture che hanno diritto agli incentivi, che nel caso delle elettriche arriva a 61 mila euro ed è fisso da ormai tre anni. 

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