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Editoriali

La concorrenza in ritardo

Redazione

L’Antitrust segnala il rinvio della legge. Quanto il governo crede alle riforme?

È certamente una coincidenza, ma curiosa, che ieri, proprio mentre il presidente dell’Antitrust, Roberto Rustichelli, presentava la sua relazione annuale, il Consiglio dei ministri abbia approvato la Nota di aggiornamento al Def (Nadef). Ha detto Rustichelli: “L’ampio divario che caratterizza le dinamiche del sistema produttivo italiano rispetto al resto dell’Unione europea si spiega non solo sulla base del basso livello di investimenti e innovazione, ovvero delle carenze che caratterizzano il quadro istituzionale e amministrativo, ma anche per il deficit di concorrenza che si registra in diversi settori”. E, sulla base di questa considerazione, ha rimarcato l’importanza della legge annuale per la concorrenza, che il governo aveva promesso di presentare entro il 31 luglio scorso. Anzi: era stato proprio il premier Mario Draghi, nel discorso di insediamento, a sollecitare il Garante a inviare proposte di riforma, puntualmente inviate il 23 marzo.

 

Ecco: la Nadef ufficializza non solo l’ovvio (cioè che la scadenza del 31 luglio è stata mancata) ma aggiunge che essa sarà “presentata al Parlamento entro fine anno e approvata definitivamente nel 2022”. Si tratta di un impegno cruciale, perché le liberalizzazioni fanno parte del pacchetto di riforme a cui sono condizionati i fondi del Pnrr. Ma quanto è credibile? Lo slittamento del ddl prima da luglio a settembre, ora da settembre a fine anno non è un bel segnale. Peggio ancora, l’esecutivo dà a volte la sensazione di aver sottovalutato l’importanza di questo provvedimento, quando non addirittura di guardarlo con distacco e freddezza: il governo ha davvero voglia di promuovere riforme davvero incisive e pro-concorrenziali dei servizi pubblici locali, della sanità, delle professioni, dei trasporti? Non può non balzare agli occhi, per contrasto, l’ardore con cui, invece, si stanno seguendo altri dossier, come quello sulle delocalizzazioni, da cui rischiano di sortire non solo misure che nulla hanno a che vedere con la concorrenza, ma che ne sono la negazione.

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