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Il Foglio salute

Così il sistema pensioni ha retto durante la crisi 

Fondi e casse di previdenza possono svolgere un ruolo importante a supporto dell’economia nell’emergenza pandemica

Grande attenzione è stata richiamata da questa fase delicata della vita di tutti su un futuro in grande trasformazione, che richiede certezze per le famiglie di lavoratori ma anche per la popolazione ormai inattiva: la disponibilità di risorse di sostentamento è la base di una vita non solo di società, a che consenta la “cura del sé”.

Un’interessante prospettiva è stata tracciata in occasione dell’ultima relazione annuale di Covip, Commissione di vigilanza sui fondi pensione. Oltre a illustrare lo stato dei settori vigilati (fondi pensione e casse di previdenza), le cui risorse hanno complessivamente superato 290 miliardi di euro riguardando oltre dieci milioni di soggetti tra iscritti e pensionati, il presidente di Covip, Mario Padula, si è soffermato sulle prospettive evolutive di tali settori, anche alla luce dell’attuale quadro socio-economico. 

Alla fine del 2020, i fondi pensione in Italia sono 372: 33 fondi negoziali, 42 fondi aperti, 71 piani individuali pensionistici (PIP) e 226 fondi preesistenti; nel totale non è più incluso FONDINPS a seguito della sua soppressione e del conferimento al fondo COMETA delle posizioni degli iscritti e dei flussi futuri di Tfr. Il numero delle forme pensionistiche operanti nel sistema è in costante riduzione. Oltre venti anni fa, nel 1999, le forme erano 739, quasi il doppio. Il totale degli iscritti alla previdenza complementare è di 8,4 milioni, in crescita del 2,2 per cento rispetto all’anno precedente, per un tasso di copertura del 33 per cento sul totale delle forze di lavoro.

Interessante un dato di “genere” e generazionale: gli uomini sono il 61,7 per cento degli iscritti alla previdenza complementare (il 73 per cento nei fondi negoziali), nel solco di quel gender gap che si è già manifestato negli anni scorsi. Si conferma anche un gap generazionale: la distribuzione per età vede la prevalenza delle classi intermedie e più prossime all’età di pensionamento: il 51,6 per cento degli iscritti ha età compresa tra 35 e 54 anni, il 31 ha almeno 55 anni. Quanto all’area geografica, la maggior parte degli iscritti risiede nelle regioni del Nord (57 per cento).

Sempre in chiusura del 2020, le risorse accumulate dalle forme pensionistiche complementari si attestano a 198 miliardi di euro, in aumento del 6,7 per cento rispetto all’anno precedente: un ammontare pari al 12 per cento del PIL e al 4,1 delle attività finanziarie delle famiglie italiane. 

Le voci di uscita per la gestione previdenziale ammontano a 8,6 miliardi di euro. Le prestazioni pensionistiche sono state erogate in capitale per 3,4 miliardi di euro e in rendita per circa 600 milioni di euro. In concomitanza con la pandemia, i mercati finanziari hanno fatto segnare un progressivo recupero supportato dalle iniziative di sostegno e di rilancio messe in atto da governi e banche centrali in tutto il mondo. Ne hanno beneficiato anche i rendimenti dei fondi pensione, dato economico legato alla situazione di crisi da mettere in evidenza. Al netto dei costi di gestione e della fiscalità, i fondi negoziali e i fondi aperti hanno guadagnato in media, rispettivamente, il 3,1 e il 2,9 per cento, a vantaggio di quelle risorse su cui poter contare, citate in apertura. 

Un quadro che si completa con l’attività di vigilanza, che nell’anno trascorso ha visto l’Autorità prestare particolare attenzione alla verifica delle condizioni in cui le forme pensionistiche complementari sono state chiamate ad operare nella fase emergenziale dovuta alla diffusione della pandemia. 

Per il sistema italiano della previdenza complementare le ripercussioni della pandemia sono state nel complesso abbastanza contenute. Dal punto di vista organizzativo il settore ha reagito con tempestività ricorrendo al lavoro a distanza e rafforzando i canali telematici di scambio di informazioni con le imprese, con i gestori finanziari e i fornitori di servizi, con gli stessi iscritti. La raccolta dei contributi è continuata con regolarità, mantenendo la sua tendenza alla crescita e mostrando un lieve calo dei dati aggregati solo nel secondo trimestre del 2020; sul versante delle uscite non si sono registrate tensioni nelle richieste di anticipazioni e riscatti. A fine anno, grazie ai recuperi registrati dai mercati, i risultati della gestione finanziaria sono stati positivi. 

Il sistema, dunque, nel suo complesso ha fornito una risposta positiva alla situazione determinatasi per effetto della pandemia. A tale positiva risposta, che pure andrà nel prossimo futuro monitorata alla luce del progressivo affievolimento delle misure di contenimento delle ricadute occupazionali della pandemia, concorre tuttavia la particolare configurazione del sistema della previdenza complementare in Italia, che attualmente riguarda soprattutto i segmenti più protetti e più solidi del mercato del lavoro. 

Fondi e casse di previdenza possono svolgere un ruolo importante a supporto dell’economia nell’emergenza pandemica: tenendo conto del loro compito di investitori di risparmio previdenziale, tali enti possono offrire un contributo interessante in un’ottica di lungo periodo.

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