AP Photo/Kin Cheung, File 

Divergenze parallele

Bitcoin, strumento dirompente o bolla speculativa?

Lorenzo Borga

Ne parliamo con Christian Miccoli ad di Che Banca! e co-fondatore e responsabile di Conio e Luca Fantacci economista e condirettore del Mints alla Bocconi

Su, giù, e poi nuovamente su. Il valore di Bitcoin è stato sull’ottovolante per settimane. Dopo aver toccato i suoi massimi ad aprile è crollato per circa il 40 per cento, a seguito delle critiche di Elon Musk (suo ex sostenitore) sull’impatto ambientale e lo stop cinese alle transazioni. Movimenti pari a centinaia di miliardi di dollari. Se della volatilità di Bitcoin si può star certi, lo stesso vale per la divergenza di opinioni tra chi lo ritiene un mezzo d’investimento innovativo e dirompente, e chi invece crede sia solo l’ennesima bolla speculativa fine a sé stessa.

 

A Divergenze Parallele apriamo il dibattito, con Christian Miccoli (già general manager di Ing Italia e amministratore delegato di Che Banca!, ora co-fondatore e responsabile di Conio, una piattaforma di scambio di Bitcoin) e Luca Fantacci (economista e condirettore del Mints, Monetary Innovation, New Technologies and Society, all’Università Luigi Bocconi).

 

 

Si aspettava un crollo di questo tipo, e così rapido, di Bitcoin? Eppure si era fatta l’ipotesi che l’ingresso nel mercato delle criptovalute di importanti investitori istituzionali e banche avrebbe potuto ridurre la volatilità.

Christian Miccoli – Chi ha innescato la discesa è stato Elon Musk. La Cina potrebbero averlo un po’ amplificato, ma la posizione del governo cinese è nota da tempo. Bitcoin è sempre difficile da prevedere nel brevissimo termine, sicuramente poiché Musk è una persona particolarmente seguita mi aspettavo un forte impatto.

Luca Fantacci – Sì, me l’aspettavo. È l’unica previsione che mi sono mai azzardato a fare: cioè che avrebbe mantenuto la sua volatilità. Strutturalmente Bitcoin è fatto per essere volatile, a prescindere dagli investitori. Anzi, tanto più entrano attori pesanti, tanto più saranno amplificate le oscillazioni. Il prezzo è regolato essenzialmente dalla domanda, che dipende dalle aspettative di chi investe in modo speculativo. Non ci sono fondamentali, non c’è valore intrinseco, è fatale che Bitcoin continui a oscillare.

 

 

La struttura che tiene in piedi Bitcoin consuma tanta energia elettrica quanto Egitto e Polonia, e molti datacenter che sostengono la blockchain si trovano in Cina. Siamo di fronte a un problema ambientale?

Christian Miccoli – L’oro rappresenta un problema ambientale? L’oro consuma molta più energia elettrica del Bitcoin, per le attività estrattive e per i prodotti lavorati. Mi sembra una polemica molto pretestuosa. Se siamo così interessati all’ambiente, perché non limitiamo per esempio la velocità delle auto, una scelta che ridurrebbe molto di più il consumo energetico? Credo che chi usa questi argomenti lo faccia avendo altro in testa. Più in generale esistono già oggi delle diverse tecnologie di blockchain, che consumano decisamente meno [non utilizzate da Bitcoin, ndr]. D’altronde il Bitcoin in realtà favorisce l’utilizzo di energie rinnovabili. Uno dei costi più importanti per i miner è infatti quello dell’energia, che dunque si tende ad acquistare quando costa meno, cioè quando la domanda è minore o l’offerta la supera. I datacenter di mining dunque utilizzano spesso l’energia elettrica sovrabbondante che verrebbe altrimenti sprecata visto che non può essere immagazzinata, e garantiscono una domanda più stabile e continua alle rinnovabili.

Luca Fantacci – Non c’è dubbio, c’è una sproporzione tra il consumo energetico e i servizi che questa tecnologia ha dimostrato di saper offrire. Quando noi facciamo i confronti con il consumo elettrico di paesi interi, quella è energia utilizzata per soddisfare dei bisogni reali. La cosa scandalosa di Bitcoin è che quell’energia è uno spreco, utilizzata per produrre letteralmente nulla. Almeno fino a prova contraria: io sono disposto anche ad accettare che qualcuno dimostri l’utilità di tale tecnologia. Ma l’onere della prova spetta a chi la promuove.

 

 

Il fatto che Elon Musk cambi opinione così repentinamente, senza giustificare più di tanto le sue prese di posizione, e comunichi via Twitter delle decisioni che possono causare una volatilità così importante è un problema per il mercato e per i regolatori?

Christian Miccoli – Musk è una persona inaffidabile, non è capitato niente di nuovo che negli ultimi mesi possa avergli fatto cambiare opinione, eppure ha deciso che Tesla non accetterà più Bitcoin. È un pazzo, quello che ha detto non si basa su nessuna novità rispetto a quando aveva aperto all’utilizzo delle criptovalute come metodo di pagamento a febbraio. Quindi o allora aveva fatto un’operazione alla leggera, ma sarebbe una follia, o è uno che dice la prima cosa che gli passa in mente. O, ancora, è uno molto spregiudicato e sta portando avanti qualche manovra finanziaria di cui non siamo a conoscenza.

Luca Fantacci – Certamente, questo è un segno dell’immaturità e della mancanza di regole e responsabilità che caratterizza gli investimenti in cryptoasset. Se Musk avesse fatto dichiarazioni analoghe su un titolo azionario, sarebbe stato condannato per aggiotaggio o insider trading. Trattandosi di un mercato non regolato, l’ha potuto fare impunemente. Siamo in presenza di un mercato che non risponde alle regole di un libero mercato.

 

 

Quale è il valore intrinseco di Bitcoin?

Christian Miccoli – Vale il ragionamento di Hayek, che si augurava ai tempi la nascita di una moneta privata per stabilire una disciplina di mercato tale da evitare che le banche centrali creassero rischi sistemici da cui avrebbero fatto fatica a uscire. La crescita di Bitcoin crea degli scenari per cui, se la crescita del suo prezzo proseguisse, si potrebbe limitare la capacità delle banche centrali di perseguire politiche monetarie totalmente discrezionali. Cosa vuol dire questo? Che le persone non sono più soggette a un potere tecnocratico, ma votano con il proprio borsellino. Si riconsegnerebbe insomma una certa porzione di potere alla popolazione.

Luca Fantacci – Il valore intrinseco è la sua scarsità, il che però in economia è un paradosso. Tutta la teoria economica da Ricardo in poi ci dice che il valore dipende dalla scarsità e dall’utilità. La prima da sola non basta a creare valore. Bitcoin è un oggetto digitale scarso: questo è il suo valore. È il suo pregio anche, aver introdotto per la prima volta la scarsità nel mondo digitale. La blockchain in effetti a qualcosa è utile: per esempio come registro pubblico condiviso e inalterabile. Ma il valore di Bitcoin non è giustificato né legato a ciò. È anche inutile confrontare Bitcoin a titoli azionari: un’azione di una società dà diritto al voto nella governance e alla partecipazione agli utili. Ma questo per Bitcoin non vale. D’altronde a un liberale Bitcoin non può piacere. Bitcoin è l’istituzione della scarsità, e quindi della rendita. Chi si è arricchito con Bitcoin lo ha fatto guadagnando su una rendita di un bene scarso. Ce ne sono già fin troppe di rendite, non c’era bisogno di inventarne un’altra.

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