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Opportunità e rischi di Coinbase a Wall Street

Andrea Trapani

Il mondo della finanza e quello delle criptovalute hanno fatto la loro reciproca conoscenza con la quotazione al Nasdaq della piattaforma. Gli effetti sull'economia reale delle valute digitali e i timori di una nuova bolla economica

Per chi ha guardato per anni con scetticismo e diffidenza le criptomonete, in questi giorni è arrivata una sorte di doccia fredda. Impossibile ignorare il battesimo al Nasdaq della piattaforma Coinbase che ha debuttato facendo registrare numeri da record. Non è una frase fatta come si usa in queste occasioni. Partita da una quotazione di 250 dollari per azione, è arrivata a toccare i 430 dollari in un paio d’ore prima di attestarsi a valori più bassi. Wall Street e il mondo delle criptovalute hanno fatto così la loro reciproca conoscenza anche se l’influenza delle seconde sull’economia reale è, nolenti o volenti, presente da tempo.

 

E’ un periodo storico favorevole alle criptovalute e Coinbase lo sa bene visto che opera nella compravendita. Infatti, per spiegarlo in poche parole, Coinbase è un exchange di criptovalute, ovvero un “luogo” nel quale si possono acquistare e vendere valute digitali come Bitcoin, Ethereum, Ripple e numerose altre. La società, come molte altre del settore, è stata fondata in California, a San Francisco, nel 2012 e in meno di un decennio ha finito con il conquistare una posizione da leader globale come piattaforma in cui venditori e consumatori possono effettuare transazioni. Dispone anche di un “wallet”, ovvero un portafoglio nel quale si può custodire le proprie criptovalute.

  

Insomma, la sua fortuna è essere diventata nomen omen una delle basi per chi vuole entrare – anche con piccoli importi – nel mondo delle criptomonete. Una realtà che tutt’oggi si deve scontrare con i giudizi piuttosto severi di importanti addetti ai lavori, nonostante il vasto pubblico raggiunto. Per capire il valore di Coinbase, basta vederne i numeri: 56 milioni di utenti personali e oltre settemila istituzionali, senza dimenticare che è stata, nel primo trimestre di quest’anno, una delle applicazioni più scaricate in assoluto su PlayStore e AppStore.

  

Non tutti ne sono affascinati, va detto. Nonostante questa diffusione, il numero uno della Federal Reserve, Jerome Powell, in un'intervista rilasciata a David Rubenstein, co-fondatore di Carlyle Group, ha dichiarato che “le criptovalute servono principalmente a scommettere sul rialzo dei prezzi e non hanno di certo raggiunto lo status di mezzi di pagamento”.  Le monete digitali, ha ribadito Powell, "non vengono usate attivamente per pagare".

  

Una mezza verità, forse. Certo che il terreno di scontro con la cosiddetta economia reale si sta preparando anche su questo versante. "La possibilità di pagare in bitcoin sarà disponibile al di fuori degli Stati Uniti entro la fine dell'anno", ha rilanciato pochi giorni fa Elon Musk che, oltre a guidare Tesla, è uno dei più grandi visionari del mercato. Tanto che si vocifera dell’arrivo del pagamento con criptovalute anche con Google, Oracle e Apple. “Prima MicroStrategy e poi Tesla: il bitcoin non è più un tabù e credo che ci saranno ingressi a catena – ha spiegato Mir Liponi, CEO di satoshi design, intervistata da StartupItalia nelle scorse settimane  – Sono però scettica su quanti entreranno per restare”. Infatti, in questa nuova corsa all’oro digitale, la frenesia sui mercati si è spesso mescolata a confusione e rilanci. In questo contesto, lo stesso Powell ha paragonato le criptovalute all'oro: "Per migliaia di anni, gli esseri umani hanno attribuito all'oro un valore speciale che non ha in quanto metallo industriae”, ha rincarato la dose il presidente della Fed.

  

I risvolti dell’arrivo di Coinbase in Borsa intanto fanno registrare effetti reali. L’entusiasmo ha fatto volare la più famosa delle criptovalute, il Bitcoin, che ha toccato il suo valore record di 64.829 dollari prima di attestarsi intorno a quota 62mila. Il clima positivo di questi giorni coinvolge anche le altre criptovalute e sembra non fermarsi. Ma il rischio di una bolla potrebbe essere dietro l’angolo. Le aspettative di chi specula sono alte, come quelle di chi si aspetta un’affermazione di tutto il settore. Lo stesso fondatore di Coinbase, Brian Armstrong, ne è consapevole tanto che, ai microfoni della Cnbc, ha detto che “ora saremo sempre più sotto esame per quello che facciamo. Le persone vogliono capirne le implicazioni. Siamo felici di impegnarci, come abbiamo fatto negli ultimi nove anni, da quando abbiamo creato la società, con i parlamentari a Washington, e con le autorità di tutto il mondo, perché ovviamente Coinbase è ora in molti Paesi diversi, su come possiamo costruire questa industria”. “Chiediamo solo di essere trattati come tutti gli altri servizi finanziari tradizionali e non essere puniti perché siamo nello spazio crypto”, ricorda. In pratica, per lo sviluppo di questo mondo, la regolamentazione a suo avviso è un rischio. Certo, l’obiettivo di Armstrong è ambizioso: Coinbase vuole diventare per le criptomonete quello che Google è stato per internet. Vale a dire, il mezzo d’accesso universale per un mondo nuovo che, potenzialmente, può raggiungere oltre tre miliardi di persone. Intanto, come accadde ai pionieri della rete, ci sarà da tranquillizzare tutti i potenziali consumatori sul fatto che le criptovalute sono più stabili e sicure di quanto non facciano pensare le continue fluttuazioni del loro valore. Un’impresa necessaria per cambiare anche il business core delle società che si dedicano alla compravendita, ovvero far crescere i loro utili al di fuori delle sole commissioni fornendo parallelamente nuovi servizi sul mercato.

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