(foto LaPresse)

Per il mercato c'è tempo, lo stato continui a intervenire nel post pandemia

Ugo Bertone

Per Olivier Blanchard “la risposta ai problemi non può che stare nelle regole del mercato: nel caso non quadrino i conti si licenzia il personale in eccesso che si sistemerà altrove. Ma questi non sono tempi normali”

Milano. Il salvagente di stato ha funzionato. Più a vantaggio dei lavoratori che delle aziende in Europa. L’opposto negli Stati Uniti. Ma adesso? Per venire a capo delle conseguenze della pandemia, che ancora è una minaccia reale, non basteranno iniezioni di liquidi o manovre economiche alla giapponese. Certo, il denaro a pioggia è una manovra obbligata nel breve termine, ma non va dimenticato che “le risorse degli stati sono comunque limitate”, sottolinea Jean Pisany-Ferry del Peterson Institute nonché testa d’uovo del Bruegel, uno dei pensatoi europei più influenti a Bruxelles. Da qui la ricerca di una difficile quadratura del cerchio che ha impegnato anche Thomas Philippon, professore a New York e nientemeno che Olivier Blanchard, assai vicino a Christine Lagarde, ex capo economista del Fondo monetario, nonché lo studioso più citato nelle riviste più influenti. Un trio, per influenza sulle scelte di governi e autorità monetarie secondo solo a Mario Draghi, in questi anni difficili ha più volte rivoluzionato il pensiero comune, scardinando i dogmi più solidi, compreso il tabù della monetizzazione del debito pubblico. Ma stavolta, le “riflessioni” del trio sollecitate da Emmanuel Macron alla vigilia della discussione sul Recovery fund assumono un sapore sociale nuovo, che va assai al di là degli equilibri di bilancio o della problematica dello spread. Entra in campo quello che potremmo definire, con irriverenza, “ lo spirito della pizzeria”. Anche in questo caso, infatti, dovrà essere la mano pubblica a intervenire, per sostenere i costi extra del distanziamento sociale, che determinano il calo di produttività dell’azienda.

 

Le norme sulle distanze tra i clienti così come quella tra i cuochi hanno senz’altro un costo rilevante per un ristorante. “In epoca normale – nota Blanchard – la risposta ai problemi non può che stare nelle regole del mercato: nel caso non quadrino i conti si licenzia il personale in eccesso che si sistemerà altrove. Ma questi non sono tempi normali”. Il rischio “è quello di una disoccupazione di lunga durata, ovvero di un alto prezzo ombra” a carico della collettività. “Dal punto di vista dell’efficienza sociale – è il ragionamento – le aziende devono perciò essere messe in condizione di prendere decisioni sulla base del confronto tra il margine di valore prodotto dal lavoratore ed il prezzo ombra, assai più importante del livello dello stipendio”. Insomma, nelle condizioni post pandemia, il criterio del profitto aziendale deve cedere il passo al criterio del benessere sociale. E nel caso dei settori non si possa comprimere i salari “saranno necessari contributi pubblici per prendere e decisioni più efficienti dal punto di vista sociale”.

 

Regole che valgono per una pizzeria così come per una multinazionale. “Per tutti – sintetizza il trio in odore di Nobel – proponiamo due tipi di interventi: contributi a salari e stipendi a carico della mano pubblica per venire incontro ai dipendenti e ai settori più colpiti. E per le imprese regole più flessibili e soft per la ristrutturazione dei debiti”. Insomma, se del caso, una parte dello stipendio nei mesi a venire, lo pagherà lo stato. Una soluzione più efficace (e forse più equa) della cassa integrazione, che non presenta il rischio di congelare la situazione del mercato perché a termine. E’ una soluzione. L’obiettivo, conclude la lettera, è di garantire efficienza privilegiando la flessibilità, grazie alla la possibilità di cambiare rotta senza problemi nel caso che l’epidemia torni a colpire con più forza, che per la possibilità di adattare gli interventi alle varie situazione senza cedere alla tentazione di un modello standard buono per tutti. Semmai, è una formula che chiede fiducia, un ingrediente non sempre presente nelle varie ricette. Ma per battere la pandemia occorre pure correre qualche rischio.

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