Foto LaPresse

Capitale bloccata

Annalisa Chirico

Costruttori, magistrati, imprenditori e pa a convegno per provare a svegliare Roma

Roma. “Sfida Capitale”: un titolo, un programma. Il senso lo riassume, in apertura, il presidente dell’Ance Roma Nicolò Rebecchini: “Troppi progetti giacciono nei cantieri della pubblica amministrazione, di un sistema che stritola le imprese e non riesce a guardare più in là di un mandato elettorale. Pochi investono in Italia, nessuno scommette sulla capitale”. A pochi metri da Montecitorio, il convegno dell’Associazione nazionale costruttori edili prova a porre le basi di un dialogo nuovo tra magistratura, pubblica amministrazione e imprese “per contrastare la concorrenza sleale e la burocrazia difensiva”. Cantieri bloccati, lavori rinviati, pil con il segno meno: il direttore del Messaggero Virman Cusenza lo definisce il “tappo”. “Grazie alla raccolta di informazioni sul nostro sito web sbloccacantieri.it – dichiara il presidente nazionale dell’Ance, Gabriele Buia – abbiamo calcolato più di seicento opere bloccate, per un valore di cinquantatré miliardi di euro e 800 mila posti di lavoro mancati. L’eccessiva regolamentazione e il continuo inasprimento sanzionatorio hanno infilato il paese in un tunnel. Già nel 2016 denunciavamo i rischi di un codice degli appalti che, nelle promesse del governo, avrebbe dovuto semplificare; nella realtà è accaduto l’esatto opposto. Negli ultimi anni, abbiamo assistito a uno scadimento della macchina pubblica che ha smarrito il meglio delle competenze ingegneristiche. Una pa qualificata è fondamentale per lo sviluppo del paese”. Per la vicepresidente della Luiss G. Carli, Paola Severino, “il forum shopping è un tema rilevante perché porta a investire nel paese con minore protezione giuridica, tuttavia è pure importante considerare il livello di efficienza di un sistema. Magistrati specializzati, come per il Tribunale delle imprese, consentono procedure più spedite e decisioni prevedibili. Un giudice che oggi si occupa di questioni societarie e domani è investito da un caso di furto di bestiame, non può garantire un grado comparabile di predictability. Se a ciò si aggiunge l’elevato tecnicismo normativo, è facile comprendere quanto giovi poter contare su una categoria di magistrati specializzati nelle controversie commerciali”.

 

In un ampio affresco delle storture attuali, l’ex ministro della Giustizia si è soffermata su un ulteriore fattore di penalità per gli operatori economici italiani: “E’ giunto il momento di pensare a una regolamentazione italiana dell’attività di intermediazione che è legale all’estero. Non si tratta di sdoganare la mazzetta ma di inquadrare tale fenomeno in una cornice normativa appropriata”. Quanto alla burocrazia difensiva, “in un paese con 35 mila norme penali – ha proseguito Severino – il pubblico ufficiale può coltivare la facile idea di rallentare il disbrigo di una pratica per non rischiare in prima persona. Negli uffici ministeriali si aggira lo spettro del danno erariale, un incubo al pari dell’abuso d’ufficio: queste fattispecie, se non sufficientemente tipizzate, diventano una minaccia reale per chi è chiamato ad apporre una firma”. Secondo Severino, “non c’è legalità senza prevenzione. La sanzione è importante: nel campo dei reati contro la pa, per esempio, l’Italia si è dotata di un sistema ‘top level’, alla stregua della mafia. Tuttavia bisogna prevenire i fenomeni corruttivi creando un ambiente istituzionale che scoraggi la violazione delle norme. A tale scopo, le imprese che operano lealmente, nel rispetto della legge, andrebbero premiate”.

 

Le tre linee del governo

Per il giudice emerito della Consulta Sabino Cassese, “un governo governa se dà una linea, non tre. Nell’esecutivo c’è un ingorgo di dichiarazioni contraddittorie tra sottosegretari, ministri e premier. Si è giunti al punto che il titolare del ministero delle Infrastrutture dichiara, testualmente, che in Italia non esistono opere pubbliche bloccate. Di che parliamo?”, applauso spontaneo dalla platea. “Bisogna evitare scorciatoie – ha proseguito Cassese – Un gendarmone come l’Anac crea guai anziché risolverli, così come la logica dei cosiddetti controlli preventivi che devono essere piuttosto forme di cogestione. Nel nostro paese non bisogna aggiungere ma togliere – leggi, adempimenti, controlli non essenziali”. Più tecnico, e condito da un florilegio di dotte citazioni, è stato l’intervento del sostituto procuratore di Roma, Mario Palazzi: “Contro l’insostenibile diffusività della corruzione, occorre una rinascita della pa che deve riscoprire l’orgoglio della propria funzione. Serve un’alleanza delle persone oneste che coinvolga i corpi intermedi, incluse le associazioni di categoria come l’Ance”. Secondo il pm capitolino, “lo spread di legalità che penalizza il nostro paese rispetto agli omologhi ha una scaturigine culturale: non esiste la sanzione del disdoro sociale verso chi infrange la norma ma prevale il richiamo tartufesco al così fan tutti. C’è poi il problema dell’eccesso regolatorio e di norme poco intelligibili. Io, da magistrato, non ho timore della discrezionalità dell’azione amministrativa, purché essa sia chiara e trasparente. E’ sbagliato imbrigliarla in una ipertrofia di parametri”. Quanto all’atteggiamento difensivo dei pubblici ufficiali che restano fermi per assumersi il minimo delle responsabilità, il pm ha parlato di “ignavia burocratica”: “Di fronte a indebite sollecitazioni, la risposta è una soltanto: la denuncia in procura. Se non denunci, diventi correo di un sistema di cui non puoi più definirti vittima”.

Di più su questi argomenti: