Mesopotamia - The Market Place at Nippur. Foto di Patrick Gray via Flickr

Antiche lezioni per curare un'amnesia odierna

Alberto Brambilla

Senza finanza non saremmo qui, non saremmo vivi, e (forse) nemmeno credenti o ubriachi. Parla Larry Neal

[Questo articolo è stato pubblicato sull'inserto economico Il Foglio48ore in edicola mercoledì 26 settembre. Potere acquistarlo qui]


  

Durante il decennio successivo al fallimento di Lehman Brothers la crisi finanziaria sembra avere provocato un’amnesia collettiva concimata da nuovi politici sullo scenario, da Donald Trump al Movimento 5 stelle, che accusano i predecessori di essere in collusione con Wall Street e il “grande capitale”. In tremila anni di storia le invenzioni finanziarie sono state il balsamo della civiltà e hanno contribuito alla prosperità del genere umano in misura ben maggiore dei danni collaterali provocati dalle perturbazioni che alcune innovazioni, nelle istituzioni o nei mercati, ciclicamente comportano. Di questo è convinto Larry Neal, professore emerito di Economia alla University of Illinois a Urbana-Champaign, autore, tra gli altri saggi, di “Storia della finanza internazionale – dalle origini a oggi” (il Mulino). “Senza il capitalismo internazionale, i benefici del commercio a lunga distanza e le eventuali scoperte di nuove risorse e il successo del trapianto di tali risorse (comprese piante, animali, insetti e, sì, umani) non sarebbero stati realizzati”, dice parlando con il Foglio.

  

Agli inizi del Secondo millennio prima di Cristo, per portare avanti i commerci nell’antica Babilonia, si formarono organizzazioni mercantili lungo i fiumi della Mesopotamia. La sedentarietà dell’uomo era un progresso relativamente recente dettato non tanto dalle capacità di guardare avanti degli agricoltori – anche i cacciatori erano previdenti – quanto dalla necessità di stoccare i cibi per essere conservati e scambiati in quantità. Che l’uomo abbia cominciato a immaginare l’esistenza di Dio una volta diventato stanziale è controverso. “Certo, condivido che ‘il denaro cambia tutto’ – dice Neal citando lo storico William Goetzmann – tra cui la creazione di città e di eventuali civiltà. Che crei Dio, non oserei avventurarmi. Ma le invenzioni finanziarie aiutano a promuovere la cooperazione umana al di là del mero scambio personale, ed è uno scambio impersonale, portato a estremi sempre più ampi, che consente alla moderna crescita economica di diffondersi”. Di certo, però, avere creato dei magazzini dove fare fermentare cereali e frutta aveva dato una certa ebbrezza agli antichi. Tanto che nella città di Uruk, nell’attuale Iraq, la razione giornaliera dei lavoratori del tempio era una tazza di birra d’orzo. Sulla stessa rotta commerciale, nella vicina Ur, più a sud, sono stati ritrovati documenti che attestano l’esistenza di forme di finanza privata sofisticate e tollerate dalle autorità politiche. I mercanti stipulavano tra di loro, in via confidenziale, dei contratti per scambiare prodotti agricoli o per finanziare attività commerciali rischiose, “i prestiti marittimi”, dacché navigare e viaggiare è da sempre pericoloso. Così nasce la finanza di mercato e l’antenato della riassicurazione, oggi un contratto di assicurazione per le compagnie assicurative che così possono permettersi di assumersi rischi più grandi contro danni, incidenti, incendi, catastrofi naturali. E quindi è possibile finanziare ciò che rende (anche) il nostro mondo possibile: mega infrastrutture, aerei, satelliti ecc.

  

Ovviamente, insieme al progresso economico, nei secoli è aumentata la raffinatezza degli scambi impersonali – in cui le informazioni sono pubbliche disponibili a tutti e per questo non affidabili come in un rapporto diretto tra un banchiere e il suo cliente – e si sono amplificate di conseguenza le crisi relative a settori commerciali, a regioni geografiche, fino ai contagi mondiali. Secondo Neil delle “rotture” sono fisiologiche e anche necessarie. “Il capitalismo finanziario ha permesso alla crescita economica moderna di emergere come parte dell’esperienza umana negli ultimi cinque secoli, ma la moderna crescita economica richiede anche profondi cambiamenti strutturali nelle economie che la vivono. Solo la finanza può fornire i mezzi per effettuare la transizione da un insieme di strutture economiche presenti in una società a un’altra più evoluta. E non tutti hanno pari accesso alle risorse finanziarie necessarie per rendere efficaci le transizioni personali”. E’ da questa differenza nella possibilità di accedere al sistema che probabilmente dipende la spinta emotiva che ha portato una parte della popolazione a diffidare del sistema finanziario e bancario fino a vederci una crudeltà congenita. “Per loro natura – conclude Neal – i finanziamenti per passare da strutture tradizionali di un’economia a strutture più produttive andranno prima a beneficio dei ‘first mover’, ovvero i gruppi più opportunisti e più fortunati dell’economia. Tutti gli altri saranno invidiosi e, se non riescono a imitare facilmente il successo dei ‘first mover’, diventano naturalmente risentiti e determinati a conservare ciò che hanno o a prendere con la forza i benefici ottenuti dai più opportunisti”. Una rabbia capace di cancellare il fatto che senza finanza non saremmo qui, non saremmo vivi, e (forse) nemmeno credenti o ubriachi.

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  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.